Nella pace della notte
Lily pensò allora che la Pace era una calda coperta che andava stesa sui cuori infreddoliti degli uomini.
E volò in alto, perché ne vide una al limitar del cielo.
Era fatta di piccole fiamme che col tempo stavano perdendo la loro luce.
L'Alibro si aprì e le pagine si misero a girare velocemente.
Lily voleva sapere qual'era il destino delle Stelle.
Sentiva che era legato
da un filo dorato
al cielo d'asfalto
che ricopriva il prato.
Lily prese tra le mani il filo che saliva dal prato verso il cielo, facendolo scorrere mentre l'Alibro la trasportava sempre più in alto. Arrivata a pochi metri dalla coperta si accorse che le fiamme non stavano perdendo luce. La luce si filava in una matassa dorata che scendeva nel prato. E questo era il filo a cui Lily si aggrappava. Ed era luce quello che sembrava oro, ed era oro la luce. Il destino delle Stelle non era forse questo? Ricamare d'oro il velluto nero della notte. Perché la pace della notte è preziosa. E le stelle ne sono le auree gemme. Lily chiuse gli occhi perché la pace aveva anche un altro suono, non era soltanto il silenzio della notte. Lily si trovò a volare lungo la striscia di un arcobaleno. L'aria era leggera più dell'aria. Il cielo era sereno di serenità. Si respirava qualcosa tra l'ossigeno che non era ossigeno ed era ossigeno. Era la fiducia in uno stesso sangue, pulsato da un unico grande cuore. Era bello sapere che da qualche parte c'era. Lily danzava la vita e la felicità. Era bello sapere che la Pace si poteva trovare, da qualche parte. Quando riaprì gli occhi, tornando verso il prato, anche i suoi occhi avevano la luce dell'oro. E il ciuffo sembrava un arcobaleno ondeggiante. Un vessillo che indicava dov'era la Pace. Alzando gli occhi al cielo d'asfalto per un momento le parve di vederlo colorato d'azzurro. Lily sognava ad occhi aperti per la prima volta. Perché la pace dentro di lei era tale da renderla capace dell'impossibile.
Lily aspetta le fiabe, per arrivare serena alla fine della notte... qualcuno può raccontargliene una? Lily non è ancora stanca di volare... e voi fatela volare...
1 Comments:
Margherita era una bambina così dispettosa, che spesso la sua mamma era costretta a chiuderla in una stanza per evitare che facesse danni.
Probabilmente, il giorno che era nata, avevano sbagliato a metterle il nome, perché lei non assomigliava assolutamente ai bianchi petali del fiore.
Forse la dovevano chiamare Rosa Spina, che avrebbe reso l’idea del suo caratteraccio antipatico e spigoloso.
La mamma si arrabbiava spesso con lei, che era così strana… così diversa da tutte le altre belle e dolci bambine della sua età.
La mamma si arrabbiava, ma non sapeva che Margherita era solo molto triste, e che non era mai riuscita a dire a nessuno che non sapeva né leggere, né vedere i colori.
Per lei il mondo era tutto una sfumatura dal bianco al grigio, e le parole, quelle splendide “cose” che sentiva suonare dalle labbra, diventano sul foglio di carta solo tanti scarabocchi indistinti.
Margherita non sapeva cosa fosse il blu del mare, il giallo dei limoni, il bianco dei petali del suo nome, o il carminio delle rose.
Ma era talmente orgogliosa che non divideva il suo segreto con nessuno.
Il suo mondo diventava ogni giorno più grigio, finché rinchiudersi nella sua stanza iniziò a farle piacere.
Grigio nel grigio… lì le sue fantasie prendevano forma, al punto che un giorno un vecchio libro di fiabe, forse mosso a compassione, si mise a parlare con lei.
I personaggi uscirono uno ad uno dalle pagine:
La bella Addormentata, Biancaneve, Cenerentola, Alice…
E ognuna di loro aveva una storia da raccontarle.
Aurora le parlò a lungo delle sue amiche fatine.
Biancaneve dei suoi amici del bosco.
Cenerentola la fece ridere di gusto quando le narrò che era caduta dalla zucca.
E Alice, quella svampita, descrisse lo stregatto tanto bene che per la prima volta Margherita immaginò i colori.
Forse si addormentò, sopraffatta dalla sorpresa e dal fiume di parole che l’avevano investita, perché quando, qualche tempo dopo, sentì la porta che si apriva stava ancora semisdraiata sulla vecchia poltrona con il libro delle fiabe aperto sul volto.
Non mi dire che ti sei messa a leggere…non lo fai mai!”
La voce della mamma era un misto tra stupore e speranza.
Che Margherita avesse infine deciso di diventare una brava bambina come tutte le altre?
Margherita non rispose, allontanò il libro e gli diede un occhiata veloce.
Che delusione… le parole erano ancora illeggibili.
Era stato solo un bel sogno.
Fece per gettarlo con rabbia quando sentì delle vocine, lontane lontane che continuavano a ripetere:
“ Non chiudermi…non chiudermi…”
Margherita pensò di essere impazzita: i libri mica parlano.
Eppure quello parlava… e parlava… e continuava a raccontarle favole e storie, mentre un piccolo stregatto tutto colorato appariva e scompariva a fondo pagina…
“Ci sto provando mamma” rispose allora.
Mentre lo scarabocchio che era stato il titolo della prima fiaba iniziava a trasformarsi nella prima “A” che Margherita avesse mai visto.
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