Friday, December 22, 2006

Le frange dei confini

Lily era sul prato e il prato era riarso, l'alba non aveva dispensato rugiada in quel mattino in cui sembrava che il cielo d'asfalto stesse per crollarle addosso. Seppellendo la sua paralisi. I ragni procedevano lenti verso di lei e i pipistrelli avanzavano da lontano con immensa fatica. Il cielo aveva una densa consistenza, o almeno sembrava averla. Come un ubriaco che stenta a fare i soliti passi per strada, i pipistrelli sbandavano e perdevano la rotta. La linfa che correva nella Lily viva stava asciugandosi con il prato, rallentando come i ragni, disorientandosi rispetto alla meta, che era la percezione dei sensi.
Silenzio, insensibilità e cecità.
Silenzio dove non c'era più eco del fischiare dell'erba che svapora, dei passi arrancanti dei ragni, dei pipistrelli troppo lontani e del ruggito dell'asfalto.
Insensibilità all'alito vitale, alle carezze del primo dei ragni, al dolore che precede la paralisi. Cecità della coltre d'asfalto che si stendeva piatta sopra di lei e anche del buio che le limitava sempre più il campo visivo. Lily vedeva il vuoto. E se il vuoto avesse visto Lily avrebbe visto lo sfrigolio di due sole stelle, nessuna cometa in arrivo, soltanto quello che restava della luce dei suoi occhi. E nel vuoto arrivò un pipistrello esausto, ma ancora con un filo di voce ultrasonica per raccontare a Lily una storia.

C'era l'universo di cui erano inconoscibili i confini, ma di cui era pensabile l'esistenza. C'era forse una trina di galassie, come il ricamo che guarnisce il piatto di una torta. Un ricamo sfrangiato che si muove nell'infinito come i tentacoli delle meduse negli abissi del mare. E c'era quello che nessuno si aspettava e nessuno avrebbe mai pensato che ci fosse.
Non esisteva umana spiegazione. Non esisteva umana superstizione. Per quel che c'era. Quel che c'era aveva un respiro che gonfiava il ventre e lo rilasciava, dissipandone il volume in energia. Quando il respiro si sospendeva nell'apnea qualcosa collassava e trovava la necrosi prima del nulla. Così, senza quel che mancava, qualcosa annaspava e perdeva regola e lucidità naturale. Tentando di sopravvivere fagocitava quel che gli stava intorno. Nutrendo la morte della morte. Lasciando la vita a cosa dopo restava come fosse un'opportunità fortuita. Poi un grande respiro, come fosse sollievo, soffiava ancora la vita e c'era qualcosa che ancora procedeva il suo ciclo, altro che nasceva e che prima non c'era. E una risata cosmica provocava un'eco che qualcuno avrebbe detto Big Bang. Si accendevano le vette di antichi vulcani e le sfere di magma che davano possibilità a infinite possibilità. E se da qualche parte è mai nato un popolo che qualcuno ha detto intelligente è cosa davvero strana. Perché non c'è mai stata intelligenza. Non c'è mai stata volontà. Perché
c'era quello che nessuno si aspettava e nessuno avrebbe mai pensato che ci fosse. Perché non esisteva umana spiegazione. Non esisteva umana superstizione. Per quel che c'era. E che c'è forse soltanto perché l'apnea che provocherà il vuoto ancora deve arrivare. E non sarà la fine del mondo. Sarà forse la fine di un mondo piuttosto che di un altro. Secondo come tira il vento e gira la ruota intorno agli inconoscibili confini. Non sarà la fine di niente. Perché ci sarà altro che nascerà e che non si può dire sia niente soltanto perché questo popolo non potrà vederlo. E neppure le meduse potranno. Ma qualcosa che resterà inconsapevolmente simile ai loro tentacoli continuerà ancora per un po' a sfrangiare nell'infinito.

Lily vide il vuoto riempirsi in un attimo di una miriade di pipistrelli che sparirono nel nulla in un battere di ciglia. La storia era finita. Ma sarebbe ricominciata. Perché così andava il mondo. O quella sorta di mondo che stava sotto il cielo d'asfalto. Un mondo più lontano di altri dalle frange dell'infinito.

Anche le pagine dell'Alibro possono tornare a muoversi nel respiro delle vostre storie. Scrivete parole per Lily...

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