Friday, March 02, 2007

La finestra cieca

Ancora una volta. Era accaduto ancora una volta. Che l'Alibro incollasse le pagine, che non ci fossero storie da raccontare. Che Lily si trasformasse una bambola di ghiaccio. Una bambola che muove soltanto gli occhi. Che i suoi occhi fossero così grandi nella desolazione da contenere tutto il cielo d'asfalto che stava sopra di lei e sopra il suo prato. Che il prato si popolasse di ragni. Che le carezze dei ragni fossero impercettibili per Lily, nonostante la rapidità convulsa delle otto-multiple zampette nel dispensarle. Che il respiro di Lily fosse così lieve e così raro che se fosse stata in mare, anziché sul prato, avrebbe potuto toccare il fondo degli abissi senza le bombole d'ossigeno. Perché di ossigeno non ce n'era lì intorno, perché 'ossigeno' per Lily sono le storie. E le storie non arrivavano più, da giorni.
Poi, il cielo d'asfalto condusse fino a Lily un pipistrello. E una piccola storia arrivò. Una piccola storia che le riempì i polmoni dandole la forza ancora per un respiro. Che soffiò lieve dalle narici, così lieve che i ragni che le stavano sotto il naso neppure se ne accorsero. Ma Lily sentì una storia. Una piccola storia in un canto di ultrasuoni.

C'era una finestra che guardava un angolo di periferia. E un angolo di periferia non è il mondo. E' lo spicchio di un estremo lembo di città. Che della città ha soltanto il codice postale. I frequentatori di un angolo di periferia, di giorno, sono spesso uomini a riposo. E spesso c'è un bar, lì sull'angolo. Un bar senza cucina, perché a pranzo i frequentatori vanno tutti a casa. Ma tutto questo accade lontano dall'angolo che stava davanti a quella finestra. Su quell'angolo c'era soltanto un palo della luce che di notte restava spento ormai da diversi anni. La palpebra di una pupilla cieca che restava aperta mostrando soltanto la propria cecità. Un vessillo fatiscente. Se fosse stato un albero sarebbe stato abbattuto. Fili riarsi senza più linfa elettrica, cotti dalle stagioni. Radici di una modernità che non aveva retto i tempi, insieme a tutta la periferia. Scheletri di palazzi incompiuti. Vecchi aborti. La famiglia non era cresciuta. Le fabbriche non erano sopravvissute al decennio e la periferia non aveva aperto le porte. La città era rimasta lontana più che altrove.
La finestra non aveva vetri. Era uno squarcio geometrico, a ricordo della sconfitta del progetto artificiale. Se avesse avuto vetri, quella finestra avrebbe potuto riflettere. Riflettere il movimento. Riflettere la vita di un angolo di periferia. Ma il mondo davanti alla finestra si era paralizzato. Con lui il futuro della periferia, di conseguenza. E se ora la finestra non rifletteva niente, era forse perché qualcuno, prima, non aveva riflettuto abbastanza. E non era per errore umano. Perché non è completamente vero che mancare di riflessione sia un errore. Non si riflette spesso per la fretta di concludere, per pressione, perché c'è altro da fare. La conclusione diventa l'inconcludenza. Perché la città, che è lontana dagli angoli di periferia, arriva invece nei pensieri con i suoi ritmi e i suoi ingorghi. E accade che si giri a vuoto intorno alle sue rotonde, perdendo la direzione da prendere.

Lily si accorse con ritardo che il pipistrello non era più in volo sopra di lei. Sentì soltanto un improvviso silenzio, che tornò a riempirle la testa di ovatta. Il silenzio delle percezioni tornò come se intorno a lei cadesse la neve, allontanado ogni eco del mondo. Lily ora aveva tempo per riflettere. Anche da quella posizione immobile, senza riflettere, avrebbe potuto perdere la direzione. Doveva ritrovare la strada delle voci che raccontano le storie.

Una storia per Lily, ancora un respiro... che possa scioglierla come il sole consuma la neve in lacrime. Fiocchi di pianto che si scioglie.

3 Comments:

Blogger lonewolf said...

solo un abbraccio bri

a presto...

6:41 AM  
Blogger Unknown said...

Solo un salutino veloce.

Buona Domenica.

2:59 AM  
Blogger Daniela said...

Un bacione brigattina bella...
E a presto spero!

5:43 AM  

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