Monday, June 04, 2007

Il primo binario

Il primo filo, che Lily aveva davanti al naso, correva lontano come un binario che si infila nell'orizzonte, un ago in un puntaspilli, per chi lo guarda nella consapevolezza che la meta non è l'imbottitura. Mettiamo che l'imbottitura custodisca un mondo minuscolo. Come il nostro. Un mondo dove le parole ricamano i destini, come onde che lasciano segni di schiuma sulla sabbia. Un mondo dove la schiuma delle onde tesse fili di bava di ragno. E i fili di una tela s'intersecano e così i destini s'incrociano in nodi che costituiscono le occasioni.
Sì, c'era un filo che correva come un binario diretto nella meta celata di un destino. E il destino ha sempre una storia. Che Lily lesse, perché aveva la capacità di interpretare i ricami della bava del ragno, che tanto, in quella rete che aveva davanti, assomigliavano alle parole.

C'era un piccolo giardino di rose, dove una ragazza passava le ore che si allungavano sempre più luminose nel trascorrere della primavera. La ragazza aveva un nome profumato e delicato come la sua pelle e si curava più delle rose che di se stessa. Viveva lì da sola. Non c'era più il padre che aveva fatto piantare le rose nel giorno della sua nascita. Non c'era più la madre, perché al suo posto era rimasta soltanto la sua follia. La ragazza curava le rose perché le rose le facevano compagnia. E aspettava la primavera per stanarsi dalla casa di cui occupava solo tre stanze al piano terreno. La follia della madre abitava il piano superiore, insieme a un'infermiera vestita di bianco che cambiava volto ogni due mesi. L'infermiera donava un sonno sempre più lungo alla follia, perché il suo grido tardasse e sempre più raramente illuminasse di lampi i teli candidi che coprivano mobili e poltrone. Sempre, quando lampi di grida si accendevano al piano superiore, scoppiavano i tuoni sconnessi del dolore, dello sbattere di porte che si aprivano soltanto per richiudersi fragorosamente. Senza che nessuno dovesse entrare o dovesse uscire.
La ragazza aspettava la primavera. Perché l'autunno staccava le foglie dagli alberi e lei ne udiva i lamenti. L'inverno era cinereo e sapeva di polvere. Lei guardava il giardino di rose, rigide intenzioni nel gelo dei fusti scuri, sentendo rigarsi il volto, come un vetro di pioggia. Le rose erano la sua speranza, in inverno. E la speranza sbocciava i frutti soltanto in primavera. E in estate ancora poteva sperare nella sorpresa di una seconda fioritura. Perché la ragazza si curava più delle rose che di se stessa e le rose tornavano a fiorire, fin quasi all'inizio dell'autunno. Perché le rose sapevano, in qualche modo, di dover fare compagnia a quella fanciulla dal nome profumato e delicato. Prima che tornasse l'autunno a riempire la casa dei lamenti delle foglie. Prima che tornasse l'inverno a rigarle di pioggia il volto, mentre i suoi occhi, due pozzi scuri pieni di desideri, si accendevano soltanto nell'attesa dell'arrivo certo della primavera.

E questa è la storia che correva sul primo binario fino a infilarsi nell'orizzonte del destino e a cui il destino avrebbe trovato una fine, che forse noi non sapremo mai.
Perché il destino è ben lontano dal naso di Lily.