Thursday, November 22, 2007

Il segreto del topo

Lily aveva davanti ancora una volta un filo. Un filo, tra i tanti che componevano la rete,che si era illuminato di bianco nella luce della burrasca. Come se fosse stata la burrasca a scegliere a quale filo Lily dovesse avvicinarsi. Ed era stato facile per Lily raggiungere quella storia che si stendeva sotto il cielo d'asfalto, fatta di parole che dovevano asciugarsi come fossero panni appesi nel vento, da riporre poi in qualche cassetto. Per sempre. Era una storia che parlava solo marginalmente di umanità, parlava di animali intelligenti più autonomi, nati un po'assurdamente senza l'opera della Natura. Ma che ora, inaspettatamente per alcuni, erano riusciti a sfuggire alla passività del destino.
Così, Lily si trovò davanti alla tana del Topo.

Nello spazio verde e aperto della campagna inglese, c’è un piccolissimo arco irregolare sul muro esterno, vecchio e farinoso, di una casa abbandonata. È l'entrata della tana del Topo. Impossibile è spiarci dentro. Soltanto ai suoi amici è concesso arrivare fin sulla soglia. Neppure le formiche ci sono mai entrate liberamente, e se costrette a passarci davanti devono sempre prendere la strada più lunga, salendo sul muro e percorrendo l'arco dall'esterno.
Perché Topo Mouse è un solitario e ammette soltanto la visita di due amici. Un ragno di nome Spider Spider e un piccolo scarafaggio, battezzato Beatle Beatle, sono le uniche creature a cui il Topo non mostra i denti aguzzi quando si presentano sull'entrata della sua tana. Sono loro i due amici di Topo Mouse, perché entrambi sanno conservare i segreti. E Topo Mouse ne ha uno, uno soltanto, che però vale tutta la sua solitudine. E se io posso forse provare a raccontarlo, non è perché uno dei due suoi amici lo abbia tradito, ma perché io sono stato il carceriere del Topo.
Fino a poco più di un anno fa, Topo Mouse, nato per clonazione di un altro suo simile, viveva in un laboratorio di sperimentazione genetica. Poi, una sera, riuscì ad evadere.
Quella sera si era risvegliato prima degli altri dal sonno artificiale che gli era stato imposto attraverso la somministrazione di sedativi. Io stesso l’avevo tirato fuori dalla gabbia, ma mi era sfuggito, sorprendendomi con una prontezza di riflessi imprevedibile. Era rimasto rimpiattato chissà dove per due ore, ma quando ho aperto la porta del laboratorio per uscire mi è passato tra i piedi, guadagnando la fuga fuori dall’edificio. L’ho rincorso fino alla casa e l’ho visto sparire nel muro passando proprio sotto quell’archetto irregolare e abbracciare all’istante la clandestinità. Ogni tanto torno a quella casa per fargli la posta, ma da allora non l’ho più visto uscire. Solo qualche volta, ho visto apparire la sua sagoma sull’entrata alla tana, nella penombra, dove il bianco del suo pelo diventa grigio chiaro. E il Topo raggiunge la soglia soltanto quando arrivano in visita i suoi due amici.
Beatle Beatle, lo scarafaggio, scivolò in una pozzanghera sul sagrato della chiesa cristiana di questa mia città, nella sua prima uscita con la madre e i numerosi fratelli. La madre, poco incline a frequentare ambienti di culto, prese quel battesimo come un segno infausto del destino, come se il figlio diverso da lei, da allora in poi, non avesse che potuto darle problemi e lo allontanò dalla famiglia quello stesso giorno, che tanto figli non le mancavano. Adesso Beatle Beatle vive da solo in quella casa abbandonata, con l’unica compagnia assidua di Spider Spider.
Spider Spider ha sedici zampe ed è probabile che sia nato nel laboratorio, oppure che sia semplicemente uno scherzo della natura.
Ma qual è il segreto di Topo Mouse? Posso fare soltanto un’ipotesi. Da quanto ho potuto osservare in laboratorio, posso dire che Topo Mouse abbia una sorta di comportamento mutante notturno. Topo Mouse è molto intelligente, posso affermare con certezza che muti volontariamente. E riesce a farlo straordinariamente. Una mattina, in cui ero arrivato molto presto in laboratorio, l’ho trovato che sulla schiena aveva ancora i resti degli aculei bianchi di un’istrice. Così, mi sono trattenuto in laboratorio per diverse notti, ma purtroppo Topo Mouse si è guardato bene dal mutare in mia presenza. Mentre un giorno, dopo la sua fuga, l’ho visto accogliere il Ragno nella veste di un aracnide bianco del tutto simile a lui, considerato il numero di zampette che ho potuto contare. Un aracnide con sedici zampette, candido come il pelo di Topo Mouse.
Ora, soltanto per una notte alla settimana, appare dal nulla, poco distante dalla casa, un circo. Un circo che ha per tendoni enormi tele di ragno. Il padrone del circo è un ometto dai capelli canuti e i baffetti ispidi, con due piccoli orecchi a sventola e una faccia a punta un po’ topesca.
Dentro al circo si assiste allo spettacolo di un animale per volta, senza l’opera di un domatore. Gli animali sono tutti albini e meravigliosamente leggendari. C’è la mosca bianca. Il leone bianco. L’elefante bianco. E addirittura una balena bianca che appare soltanto per un minuto, lacerando le tele del tendone alla fine dello spettacolo. La gente ha cominciato ad accorrere numerosissima, uscendo di casa e interrompendo all’istante ogni attività non appena inizia a spargersi la voce della comparsa del Circo. Lo spettacolo è così affascinante che nessuno vorrebbe mai andarsene e dopo il numero della balena bianca c’è sempre qualcuno che comincia a fischiare chiedendo la replica della rappresentazione. Ma a quel punto, dopo i primi fischi, al centro della pista compare il padrone del circo che digrigna i denti lunghi e affilati, mostrandoli al pubblico. Neppure questo basta a mandare a casa tutta quella gente, ma alla fine, comunque e sempre, tutti scappano perché il circo viene invaso dall’orrido brulicare di innumerevoli scarafaggi che non si fermano e corrono ovunque finché resta anche una sola persona. Poi anche gli scarafaggi spariscono di colpo, insieme al circo, nell’afflosciarsi delle tele, come se tutto venisse risucchiato dal terreno della campagna inglese.
E non so sotto che forma Topo Mouse raggiunga di nuovo la sua tana, perché a quell’ora l’ombra della notte è così fitta che l’archetto scompare alla vista, restando un pertugio immaginario sul muro della vecchia casa abbandonata.

Quando Lily scese sul prato, ebbe l'impressione che i ragni le stessero sorridendo.