Sunday, October 26, 2008

Un pallone bianco

Eccola. Finalmente Lily era di nuovo un fantasma. Trasparente quanto basta per farsi attraversare dalle cose senza dover mostrare necessariamente sofferenza, mantenendo delle cose o dei fatti un inconsistente riflesso fluttuante, per un tempo breve. Non essere toccata era un esercizio di negazione che valeva la sopravvivenza. Era l'inevitabile precarietà del suo stato di fantasma. Pochi credono ai fantasmi e molti, invece, preferiscono credere di non averne intorno, per non dover riconoscere di non saper affrontare le paure. Del resto, fin da piccoli ci insegnano a dormire tranquilli, senza pensare di avere mostri sotto il letto. Lily adesso, allo stesso modo, cercava l'unico contatto possibile con quei fili della rete, lassù sopra la sua testa, piuttosto che seguire, nella sua testa, i fili dei suoi pensieri. I fili dei suoi pensieri sbandavano nel vuoto come qualcosa che non si annoda e non si collega. Se questi fili avessero toccato terra, invece di restare per aria, avrebbero trovato terra e sarebbe cresciuto un grande albero sotto cui davvero riposare come fa un bambino che ha sconfitto tutti i suoi mostri, che non ha più niente da temere. Ma i fantasmi non trovano riposo.

Forse non c'era niente, lì dove sembrava che ci fosse qualcosa che si muoveva. Forse c'era solo un'ombra ingigantita dalla luce della luna; già, colpa della luna, che era così grande in cielo da sembrare un pallone bianco sospeso nell'infinito, solleticata dalle punte dei cipressi soltanto per un gioco della prospettiva. Forse c'era un bambino sperduto, che neppure Peter Pan aveva ritrovato. O forse era una musica che non trovava il suo tempo. Era una danza paralizzata su un palco troppo piccolo. Era l'aria tra le foglie di un albero reciso prima che potesse toccare il cielo. Fatto sta, che non sapendo cos'era, che storia aveva e avrebbe avuto, forse sarebbe stato meglio guardare alle proprie spalle e dire che lì davanti non c'era niente. O forse, avanzando di qualche passo, si sarebbe potuto anche prendere per mano quel bambino e danzare per tutto il mondo, seguendo quella musica che scioglie le sue note come se non ci fosse altra musica possibile. Eliminare il dubbio dell'esistenza aprendo gli occhi, smettendo di negare e negarsi la vita. Perché si vive una volta sola e il tempo passa non solo ovviamente, ma intimamente dentro di te. E non è vero che si cambia, si resta gli stessi, dandosi altre occasioni di vita. Basta avvicinarsi, allungare la mano e conoscere toccando come fanno i bambini e i ciechi. Un gesto delicato, che abbia l'unica cura di non ferire e di non ferirsi.

Lily calò al suolo, ancora legata al filo della storia che aveva appena letto sulla tela del Ragno. I suoi pensieri ancora sbrezzavano nel vuoto, ma parevano aver trovato una direzione soffiata dal vento. Come un pallone bianco che in cielo si muove non per caso. Come un pallone bianco che forse è la luna. Un pallone bianco che spicca luminoso nella notte, di cui proprio non si può negare l'esistenza.

Tuesday, October 14, 2008

Una cena con le solite facce


Il cielo cambia spesso aspetto di questa stagione nel mondo sopra il cielo di asfalto. La precarietà è naturale, non ce ne stupiamo. Ed è come se, nonostante gli sforzi umani a comporre un ordine sociale artificioso e infine artificiale , la natura si riappropriasse del proprio sviluppo caotico anche in quello che non le appartiene. L'ordine si sfalda nella precarietà e nel precariato, perdendo la sicurezza quotidiana dei rapporti di qualsiasi genere. Ed è quasi assurdo pensare che qualcosa che si possa dire 'indeterminato' dia sicurezza. E infatti è così, ti senti sempre un calcio attaccato al sedere. Ed è ancor più strano, per questo, poter dire che quei compagni di liceo non sono cambiati. E invece si può proprio dire, almeno per quelli che erano lì alla cena venerdì scorso. E Michele(McCain), a cui pochi giorni dopo è nata una bambina, ha detto che è come se ci fossimo trovati dopo qualche mese di vacanza, alla riapertura della scuola, da subito senza freni e senza imbarazzo a raccontarci cosa avevamo combinato.
E Lily stavolta le storie le ha avute e le ha ascoltate lontano dalla rete. E le storie sapevano di Cina, di televisori spenti e due ore di sportello, di figli che leggono libri e padri che vorrebbero essere falegnami ogni volta che entrano in ufficio, di battaglie partigiane da raccontare ai propri studenti come a teatro, di figlie che sbucano fuori tra quindici giorni (luna permettendo), di sorelle che si sposano vestite di bianco e vanno a vivere quasi in Messico, di auto aziendali che si sfasciano andando/tornando a/da Milano, di Mazzo si fa così la chiocciola @, di madri che insegnano alle figlie a salire sulla sedia per essere autosufficienti e prendere da sole le cose che stanno in alto, di Roma e scegliere di viverci perché sì, di una bambina maschiaccio con dei riccioli d'oro stupendi, di ogni tanto vedo qualcuno in tabaccheria. C'ero anch'io e faccio la bibliotecaria perché ho una casa e una gatta nuova. Non dipingo più perché non ci si campa. Disegno un po' e scrivo. Anche su questo blog. Siamo qua e ci resisteremo, perché non siamo cambiati.
E Lily, per una sera, non è stata più un fantasma.