Saturday, October 27, 2007

L'orco che ride

Ancora un filo davanti a Lily. Il quarto filo. Il quarto filo era nero. Nero come la pece. Nero come la morte. E Lily da viva avrebbe avuto paura anche solo ad avvicinarsi. Ma Lily era morta. Lily era un fantasma. E non aveva più paura di leggere della morte perché la morte, lei, la conosceva o almeno così credeva. Ma si accorse subito che il quarto filo poteva contenere qualche sorpresa, perché seppur continuando a fluttuare si sentiva pesante come il piombo. Le sembrava di avere i piedi per terra anche se il suolo soffice del prato era laggiù, ben lontano dai suoi piedi e così lontano che se Lily avesse avuto ancora un corpo vi avrebbe proiettato la sua ombra, come fa una grande nuvola che passa nel cielo.
Lily non si aspettava di dover leggere della morte dei sogni e delle illusioni. Ma fu quello che fece. Perché anche i fantasmi hanno un destino e quello di Lily era di leggere le storie che si tessevano sulla grande tela di ragno. E chissà se era un ragno a scriverle, la grande madre di tutti i ragni che l'avevano carezzata, con fobica insistenza, chiamando indietro la sua vita ogni volta che sembrava provare ad allontanarsi da lei. Fino all'ultima sconfitta definitiva, quando anche i ragni avevano dovuto alzare bandiera bianca e arrendersi alla Morte.
E quel che Lily lesse aveva l'odore di un sentiero che conoscono solo gli esseri notturni e le parole facevano silenzio, come qualcosa che si legge nella testa di un sordo.

Ho sentito la risata dell'Orco e la luna si èspenta, mentre salivo verso la cima calva del
colle, su quel sentiero di sassi rotondi che fanno contare più la volontà di raggiungere
la vetta dei passi che si fanno.
E non era la luna ad avermi illuminato la strada,
era il pallore del volto dell'Orco.
E non era la luna che si era spenta,
era la sua bocca aperta in una risata buia.
E non erano stelle, quelle che ora vedevo splendere nel buio, erano i denti dell'Orco.
L'Orco che ingoia i sogni portati dalle civette.
L'Orco che ride delle illusioni.

E mentre scendevo dal sentiero di sassi rotondi,
non contava più la mia volontà.
Ma contavano i passi che facevo.
Quando arrivai a valle non mi voltai a scrutare
il cielo sul colle.
l'Orco ancora rideva.

E mi feci inghiottire dalla notte sulla strada come fosse un mantello che mi copriva le spalle.

La storia del quarto filo si spense come se ogni altro suono fosse possibile, da allora in poi, in un altro mondo. Ma mai più nel mondo di Lily.

Monday, October 15, 2007

Un filo d'argento

Il terzo filo brillava di una luce argentata senza che la luna avesse parte al fenomeno luminoso. Brillava di luce propria, perché la luna sotto il cielo d'asfalto, da quando Lily era morta, non c'era più arrivata. Forse per malinconia il fantasma di Lily sentì riempirsi di lacrime gli occhi, le orbite erano adesso un lago buio che una pioggia insistente faceva traboccare dal perimetro del cratere, dove di solito si cullava il niente e qualche ragno.
Così Lily lesse una storia scritta con parole luminescenti che sembravano seccarsi appena lette e sparire in una polvere magica di stelle. E l'unica cosa che restava era il ricordo malinconico della luna.

C'era un'ombra che usciva solo di notte, ratta si allungava sul suolo e percorreva tutte le strade della città, tutte in una sola notte. Raccoglieva gli oggetti smarriti, gli inviti rifiutati, la fretta e la disattenzione, le verità nascoste dalle bugie. Ogni notte l'ombra puliva le strade da quello che era stato ignorato. Finché una notte ebbe la sorpresa di raccogliere la luna. La luna che un uomo non guardava mai. La luna che era scesa dal cielo, ogni notte di più, per farsi notare. Perché quell'uomo non alzava mai lo sguardo verso il cielo e contavano per lui soltanto i passi sulla terra. Quando si era trovato la luna lì tra i piedi l'aveva ignorata perché non aveva saputo riconoscerla, tanto era che non la vedeva. E non ne aveva più neppure il ricordo. E pensava che la luce, di notte, si facesse solo con i lampioni.
L'ombra raccolse la luna, spingendola avanti nell'aria che si smuoveva, nella sua corsa contro il giorno che si avvicinava. La luna era un ingombro indesiderato che anche l'ombra lasciò infine per strada. E anche chi, quando il giorno era ormai pieno, trovò la luna per strada, non seppe riconoscerla. Senza neppure un dubbio quando di notte, alzando la testa, notò che era una notte senza luna. Mentre l'uomo ancora non alzava lo sguardo dai suoi passi, rientrando nella casa dalle persiane chiuse. Mentre l'ombra tornava per strada per pulire
le strade da quello che era stato ignorato, ritrovando la luna lì dove l'aveva lasciata.

E questa era la storia del terzo filo. Il lago si svuotò e tornò il buio nei crateri. Lily perse il ricordo della malinconia, perché è breve la malinconia dei fantasmi. Restò invece il ricordo della luna, come una cicatrice imbellita da un tatuaggio d'argento.