Tuesday, March 28, 2006

Le parole del delirio

C'è un piccolo ponte su una curva, dove a malapena si scambiano due macchine. Poi la strada comincia a salire. Sulla salita, se si svolta a sinistra, si entra nel cancello di una villa e lì abita mia zia da un po' di tempo.
Mia zia abita in una stanza della villa, ha un posto letto e un armadio.
Sta lì da quando ci racconta un sogno colorato.
Che certe volte diventa un incubo colorato. Per lei.
Per noi che le stiamo accanto è sempre un incubo e teniamo altrove un sogno nel cassetto.

«Ciao zia.»
«Celeste. Sei celeste.»
«Come stai, zia? Celeste è il cielo sotto le nubi.»
«Rosso. Lo vedo. Con la coda dell'occhio.»
«Zia qua non c'è niente di rosso, tranquilla. Rossi sono i baci, se te li fai dare.»
«Tesoro. Avevo il viola qua in mano, lo dovevo passare.»
«Passano i giorni, zia.»
«Eccolo è arrivato. E' blu. Ho paura, è blu.»
«Zia, tranquilla, di blu non c'è niente qua dentro.»

Qua dentro. Ci sono muri grigi. E buchi grigi nei muri.
E grigio è il pavimento.
E grigie sono le pupille di chi ti guarda e non ti vede.
Di lui che, quando ti aprono, ti corre incontro, ti ferma e ti appoggia la testa sulla spalla.
E lui avrà poco più di vent'anni e non saprà mai cosa sia avere vent'anni fuori da qui.
E grigie sono le pupille di chi ti guarda e non ti vede.
Di lei che si affaccia nella stanza e ti chiede un biscotto perché sua nonna gliene dava sempre per merenda.
Lei ha ventidue anni.
E questo è l'unica cosa che ricorda. A parte i biscotti della nonna.
E non ha altro da dirti.

Comunque, la zia non ha torto.
Sul muro c'è una scritta.
E' blu. E fa paura.

Io sono il mostro.
Il mondo è storto
e gioca con il morto.

Sono passate due ore. Mi avvio verso la porta d'uscita della villa.
Spero di trovare l'arcobaleno fuori da qua. Mi aprono e mi fanno uscire.
Anche il cielo è grigio, ma è tutta un'altra aria.

Com'è che non riesco ancora a respirare?

Tuesday, March 21, 2006

Parole inutili

Mi domando come possano essere inutili le parole.
Eppure.
Tante parole lo sono e lo saranno.
Le parole si muovono su onde sonore, si spiegano in un voltare di pagine, richiamano attenzione dai manifesti.
Le parole sono dinamiche.
Non c'è comunicazione senza il movimento delle parole.
Quando si inchiodano nella rigidezza di chi ascolta, le parole sono inutili.
Domande di cui non si ascoltano le risposte. Domande di cui non si aspetta risposta.

Ci sono spiccioli di parole sul fondo della fontana
e l'acqua che giorno dopo giorno li affonda,
fa silenzio.


Se i pensieri non possono venire ascoltati nel momento in cui nascono, e i pensieri e i momenti sono tanti durante un giorno, mancherà l'occasione di poter creare un movimento.
L'occasione quotidiana.
Di capirsi e di comunicare.

Un giorno una ragazzina scrisse su uno dei tanti quaderni che ancora tiene nel suo cassetto:
«Se non ascolti le mie parole, seguendo le rispose che ti dai, niente di me resterà nei tuoi ricordi. Niente di quel che sono. Niente di quel che sono oggi e che non sarò più domani.»

Le parole sono importanti, forse l'ho già detto.
Tutte le parole sono importanti.
Ogni occasione di comunicazione è importante.
Ogni giorno e ogni minuto in cui si abbia bisogno di parlare.
Ogni giorno e ogni minuto in cui si abbia qualcosa da dire.
E' importante.


Sunday, March 19, 2006

Quando non servono parole

Quando non servono parole bastano gli sguardi per capirsi.
Perchè c'è armonia, empatia, telepatia.
Amore, forse talvolta.

Quando non servono parole è necessario il silenzio.
Perché il silenzio ci unisce agli altri, diventa uno spazio che ci accoglie nella comunione dei sentimenti. Perché il silenzio ci unisce al cuore come alla ragione, diventa uno spazio che ci accoglie nell'isolamento della riflessione. Uno spazio vuoto, spazzato da un dolore che ingoia le lacrime. Uno spazio pieno, stracolmo di una gioia che fa spuntare le lacrime.
Comprensione, forse talvolta.

Quando non servono parole ci si è già detti tutto.
Perché c'è disarmonia, lacerazione, incomunicabilità.
Insofferenza, forse talvolta.

Quando non servono parole non c'è niente da dire.
E non c'è niente da dire.

Ho visto colloqui muti.

Fra gente che si abbracciava.
Fra gente che si accarezzava.
Fra gente che si stringeva la mano.

Quando non servono parole parlano le emozioni.

Fra gente che si stava voltando le spalle.
Fra gente che camminava accanto guardando in direzioni diverse.
Fra gente che non è riuscita neppure a dirsi addio.

Quando non servono le parole anche le emozioni non parlano.

Monday, March 06, 2006

Le parole di Albert

Ho letto un libro su Albert Einstein. Di cui non darò il titolo e l'autore. Il libro è in libreria. E la caccia è necessaria ed è un divertimento a cui l'umanità si dedica fin dai suoi albori.

Sono queste le parole che ho ascoltato più recentemente nella mia testa.

E questo mi viene da mettere in rete.

Wild Words Wind
.

Albert era un pacifista.
Uno dei padri della bomba atomica.
Albert custodiva un sentimento apolide, l'opposto di ogni spirito nazionalista.
E viveva nella Germania nazista.
Albert era famoso nel mondo.
Il mondo non capiva le sue teorie perché non sapeva guardare la realtà con i suoi occhi, ma gli applaudiva come una claque.

Anche questa è relatività.
Un uomo può essere grande ed essere frainteso ed incompreso per tutta la vita. Perché il resto del mondo non è preparato ad averlo con sé.
Perché il resto del mondo vive guardando il cielo dalle piccole dimensioni a cui è abituato.
E crede più all'astrologia e ad un dio antropomorfo che pecca di umanità, piuttosto che all'armonia della materia dell'universo.
Si crede che l'universo sia sopra di noi e ci sentiamo piccoli, che l'universo ci manovri con il moto dei suoi pianeti.
Eppure siamo su un pianeta.
E l'universo ci dà invece grandezza perché ci comprende e siamo un tutt'uno come in un grande abbraccio.
Invece temiamo il mistero e cerchiamo un'autorità che risponda alla nostre paure, alla nostra debolezza.
Un dio in cielo e un uomo forte in terra.
E l'armonia si annulla nella bassezza dell'individualismo degli uomini.

Wild World War
.

Albert diceva che «Il mistero è l'esperienza più bella e profonda che possa fare l'uomo».
Il mistero è il primo impulso per un viaggio, nella scienza come nelle arti.

Le parole di un libro sono un viaggio.

Per questo ho fatto il biglietto anche per tutti voi.