Sunday, October 29, 2006

La nebbia

La notte era scesa anche sotto il cielo d'asfalto. Il silenzio dei tuoni segnava il tempo meglio di un orologio. L'Alibro era inerte da qualche ora, sembrava essersi coricato insieme alle sue storie per un sonno immobile. Quel tipo di sonno che al mattino ti lascia le pieghe della federa del cuscino stampate in faccia. Cicatrici temporanee che deturpano il viso già sconvolto dal risveglio. Un sonno che ha inghiottito nell'incoscienza qualche ora della tua vita. E per questo ti risvegli più vecchio e rugoso.
Era notte. E Lily assomigliava sempre più a sua madre, la Luna. Il piccolo ovale pallido e silenzioso. Gli occhi come crateri spopolati. Immobile il corpo, nel nero del resto del suo mondo e del mondo di sopra.
Le carezze dei ragni sostituivano il formicolio dello scorrere del sangue nelle sue vene. Anche i pipistrelli erano venuti a cercarla e adesso ruotavano formando cerchi magici sopra di lei. Lily si sarebbe sentita sola, se non ci fossero stati i ragni e i pipistrelli. E c'era un pipistrello in particolare che sembrava sbrigarsi nel compiere il suo cerchio per tornarle sempre più vicino. Lily non aveva ormai più altra percezione che la vista del piccolo vampiro e l'aspettava, come quando si fissa la piccola lancetta dei secondi di un cronometro. Le sembrava di poter udire gli ultrasuoni.
Il pipistrello stava provando a raccontarle una storia.
La storia parlava di nebbia e voleva insegnarle a guardare quello che si nasconde.

C'era una casa isolata in mezzo ad una distesa brulla e umida dove il cielo sembrava scendere per restare sospeso e bianco a pochi centimetri dalle zolle. C'era una casa che non si vedeva da lontano e che se si fosse vista sarebbe sembrata disabitata. Invece dentro la casa c'era una bambina e un gatto. Ma lo sapevano soltanto i pipistrelli. Era fredda, la casa. E la bambina si abbracciava al gatto per riscaldarsi. La bambina era sola, ma ogni tanto arrivava qualcuno, talvolta di giorno, talvolta di notte. E la notte sembrava durare più del giorno. Anche perché spesso di giorno la luce si nascondeva fra le nubi che correvano sempre alte sopra il tetto della casa e guardando dalla finestra si notava soltanto che la nebbia era più chiara. Era come se la bambina vivesse in un bicchiere di latte. E quando qualcuno che arrivava apriva la porta la nebbia sembrava trattenersi per un po' nell'aria della stanza. Come se il latte si versasse ed entrasse dalla porta. La bambina non diceva mai una parola perché nessuno le aveva mai insegnato a parlare. La bambina miagolava. Soffiava e graffiava, quando qualcuno che entrava nella stanza poi le si avvicinava. E la toccava senza farle carezze. Due anni prima qualcuno aveva pianto per una bambina molto piccola che non si era più trovata. Perché è difficile vedere quello che si nasconde. Ma c'è.

E le parole possono essere un richiamo per guidare i passi nella nebbia. Per arrivare ad una porta da aprire.
Anche per questo, forse, i pipistrelli strillano forte. Per non scontrarsi negli incubi che si nascondono nella nebbia.
Lily vide disfarsi il girotondo dei piccoli vampiri sulla sua testa. Una corona di latta che si apre perdendo le sue gemme. L'ultimo pipistrello che sparì alla sua vista fu quello che le aveva raccontato la storia.
Stava arrivando l'alba. Ma Lily sembrava sempre una luna posata sul prato.

Una storia per Lily, trovate le parole... Lily è così bella quando vola nel sole...

Tuesday, October 24, 2006

Il tramonto di fuoco

«Da bambino, le storie uscivano dal fuoco.

Da bambino bruciavo qualsiasi cosa, pur di vedere le storie uscire. Insieme al fumo e alla fuliggine, trame tra loro sconosciute uscivano allo scoperto, per conoscere, per conoscersi.
Bruciando, scoprivo il mondo.

Poi. Poi non ho trovato più nulla da bruciare: ogni cosa sembrava troppo preziosa per essere bruciata. L'amore per le storie non mi impedì certo di capire che dietro ogni cosa c'è una storia nascosta. E che non potevo, per egoismo, sacrificarla per curiosità.

Decisi.

Bruciai me stesso.

E in quella ultima storia, con il respiro corto dall'emozione, mi svelai al mondo per quel che ero.»

Il cielo parlava a Lily. Lily non aveva mai sentito la voce del cielo. Era la prima volta che il cielo aveva qualcosa da raccontarle. Stavolta parlava il cielo e non quello che occupa il cielo, come la Luna, la notte e le stelle. Non un dio, per cui bisogna avere una fede. Ma proprio il cielo, per cui basta alzare lo sguardo per sapere che c'è. E sopra il cielo d'asfalto c'era un cielo pieno di tramonto. Arrossato. Arrossito. Un cielo emozionato. Perché le parole che adesso rivolgeva a Lily erano parole che erano salite dal pensiero di un uomo. La sera stava arrivando e i pensieri salivano più facilmente al cielo. E sono i pensieri che salgono al cielo che svelano gli uomini per quel che sono. Per questo il cielo si emozionava: raccoglieva la verità. E la verità è un fuoco che brucia sempre. Intensamente.
Lily chiuse gli occhi per immaginare la Verità. L'Alibro l'aveva alzata che era già ad occhi chiusi. E c'era un profumo nell'aria. Era il profumo dell'aria che entra aprendo la finestra in una stanza che è stata chiusa. Un'aria leggera di sole. Un'aria umida di pioggia. Un'aria fresca di notte e di fiume. Un'aria calda di polvere e di sole. Un'aria di stelle e di pianeti. Comunque un'aria che stava fuori e a cui adesso era stato concesso di entrare. L'aria viziata era sparita. E tutto era come doveva essere. E Lily vedeva tutto chiaro seppure ad occhi chiusi. Non c'era niente più, davvero, da immaginare. Tutto si svelava e si raccontava per com'era. Perché ad immaginare da soli spesso si sbaglia e si può anche soffrire per niente o gioire per niente. E si delude o si è delusi. Per questo era bella la Verità: non esisteva Delusione, per nessuno.
Lily aprì gli occhi dopo che l'Alibro l'aveva posata ancora una volta sul prato.
Nel cielo il crepuscolo aveva bagnato il fuoco, annegandolo in un blu sempre più vicino alla notte. Poche nubi ancora illuminate sembravano le braci di un fuoco che stava per spengersi. Come su una collina di cui si è quasi sedato l'incendio. Ancora qualche pensiero crepitava nel cielo. Prima di raggiungere la sostanza più libera dei sogni.

E la notte, quale storia porterà alla piccola Lily? Aiutatela a volare... ha simpatia per i pipistrelli. Raccontatele ancora una storia...

Friday, October 13, 2006

Una Gocciolina per Lily

Ma proprio quando Lily cominciava a pensare di essere vicina alla fine, alla sua e di tutti i sogni, qualcosa di strano accade.
Tra i fulmini che si succedevano incessamente e il bagliore accecante dei lampi, si fece strada un minuscolo arcobaleno, e a guardar bene, a cavallo dei colori, tantissime piccole gocce d'acqua cercavano di farsi strada e raggiungere la piccola Lily per trarla in salvo.
Finalmente la piccola e la più corragiosa, scansando le raffiche di vento e i chicchi di grandine, riuscì ad arrivare fino a lei, le si posò su una mano,e dolcemente disse "se vuoi ti racconto la mia storia".

A Palazzo Reale sulla Nuvola, c’era un gran movimento.
Centinaia di gocce, sedute ordinatamente nelle panche, aspettavano Capo Gocciolone, che aveva riunito il Consiglio Supremo per risolvere un problema assai spinoso che andava avanti da troppo tempo.
Infatti, tra tutte le sue figlie, brave, diligenti e coraggiose, ce n’era una che era la timidezza in persona.
Gocciolone, che era burbero ma giusto, era giunto alla conclusione che non poteva più tollerare il suo comportamento.
Si guardò allo specchio: non stava male con la divisa di gala, gli stivali lucidi e neri, e la fascia in vita, e anche se il gran cappello rosso continuava a cadergli sugli occhiali, faceva una gran bella figura.
Prese un bel respiro ed entrò nella sala del Consiglio. Al suo ingresso tutte le gocce, i Consiglieri e la Goccia Madre, si alzarono in piedi in rispettoso silenzio e attesero che Capo Gocciolone si accomodasse al suo posto.
Le scale erano morbide e cedevoli sotto il peso di Capo Gocciolone, che più di una volta fu costretto a sorreggersi sbilanciato dal peso della sua bella e tonda pancia.
Certo che se fossero state di legno o di marmo, sarebbe stato più semplice salire e scendere, ma invece erano tante piccole bianche nuvolette che sedendo vicine, diventavano una splendida e bianca scalinata.
Quel giorno però Capo Gocciolone aveva ben altro in testa che le scomode scale.
Arrancò fino all’ultima nuvola, e con un gran sospiro sedette sul trono.
-Abbiamo un problema – disse, e tutti annuirono-Il problema è Gocciolina.-
Lei era la più piccola e la più timida goccia d’acqua che si ricordasse sulla Nuvola, ed al contrario di tutte le altre aveva paura dei tuoni, i fulmini e i temporali la terrorizzavano, e quando il vento soffiava forte e la nuvola si faceva scura, lei si nascondeva negli angoli più nascosti per non farsi trovare ed essere costretta a scendere sulla terra.
Soffriva di vertigini, il vuoto le dava la nausea, odiava il pensiero di bagnare un passante, un fiore, o peggio finire insultata per essere schizzata su una scarpa nuova di zecca.
Decisamente non faceva per lei e i racconti delle sue sorelle, invece di tranquillizzarla o spronarla a buttarsi, avevano il potere di scoraggiarla ancora di più!
Cascare in un fiume, farsi portare via dalla corrente, rimbalzare sulle auto, infilarsi attraverso i vetri nelle case della gente. Mai e poi mai! E fino a quel momento era sempre riuscita a sottrarsi al suo dovere.
Ma Gocciolone aveva deciso diversamente:
-Domani- disse – dovete buttarla giù!-
-E come facciamo? Lo sai bene che lei trova sempre il modo di scappare: è un genio nel nascondersi, e a volte sembra sparire nel nulla.-
Parlò a nome di tutte una temeraria Goccia, tra l’altro un po’ scocciata di dover ogni volta sostituire Gocciolina.
-Secondo me qualche raggio l’aiuta-
Si intromise un’altra.
-Secondo me si nasconde nelle cantine del palazzo!-
Aggiunse un'altra ancora.
Ognuna aveva la sua teoria e nessuna conosceva rimedio.
-Non m’importa dove si nasconde- rispose Gocciolone alzando la mano con fare autoritario – dobbiamo farla finita.
Ormai ho deciso: domani faremo piovere a sorpresa.-
-A sorpresa? E cosa vorresti fare Capo Gocciolone?-
La storia cominciava ad essere interessante…
-Se Gocciolina non vede le nuvole nere e non sente il vento, non si nasconderà. Giusto?-
-Si giusto.-
Risposero in coro.

-Voi la chiamerete per giocare a rincorrervi, e nel bel mezzo del gioco, quando meno se lo aspetta, fare te in modo di spingerla fino al bordo della nuvola e la spingerete giù!-
-Ma sei sicuro? Morirà di paura!-
La miglior amica di Gocciolina si stava seriamente preoccupando per la sorte della sua compagna.
Capo Gocciolone sospirò. Era l’unica soluzione che gli era venuta in mente ed era per il suo bene.
-Così ho deciso e così farete.-
Quindi dichiarò sciolta la riunione e se ne andò.
La Goccia Madre, pur rispettando i voleri del consorte, non potè far a meno di tremare al pensiero della prova che attendeva la sua piccola timida figliola.
-E’ per il suo bene.-
Si convinse ripetendo le parole di Capo Gocciolone, e si allontanò mentre una lacrima blu brillava solitaria nel volto grassoccio e bonario.

Il giorno seguente era una bellissima giornata.
Il cielo era di un azzurro mai visto e il sole splendeva alto. Gocciolina si dedicava al suo passatempo preferito: farsi scaldare da un raggio di sole, senza fare assolutamente niente.
Canticchiava tra se e se vecchie filastrocche e sciocche canzoncine, allungando pigra una mano a cogliere un fiore, comodamente sdraiata su una schiumosa nuvoletta bianca e rosa.
Certo che era una bella vita!
Ad un certo punto, arrivarono alcune sorelle a distoglierla dalla sua intensa attività:
-Dai vieni a giocare con noi, è una bella giornata, oggi si fa festa!-
-Non ho tanta voglia! Sto così bene qui!-
Rispose pigra come sempre.
-E dai Gocciolina! Siamo venute apposta per stare con te…Su andiamo!-
Alla fine Gocciolina si fece convincere, e si mise a giocare e a correre insieme alle sorelle su e giù per la nuvola, e correndo e giocando non si rese conto che il bordo era sempre più vicino. Quando fu il momento le altre cominciarono a spingere, spingere, spingere, finchè Gocciolina con un urlo di terrore cascò giù.
Le sorelle si tuffarono dietro di lei per accompagnarla, incoraggiarla: chi la sorpassava, e chi la seguiva, chi le voleva dare una mano per guidarla, ma Gocciolina continuò ad urlare finche non arrivò a terra.
Atterrò sulla mano di un bambino che stava tornando da scuola.
Federico, così si chiamava, si guardò stupito la mano: cosa ci faceva una goccia d’acqua sulla sua mano, quando in cielo non c’era nemmeno una nuvola? Nello stesso istante gocciolina alzo tremando lo sguardo verso il bambino:
-E tu chi sei?- chiese letteralmente terrorizzata sia dal viaggio che dal brusco atterraggio.
-Come chi sono? Sono un bambino- non ne ha mai visto uno?
Gocciolina fece no con la testa.
-Scusa, ma da dove vieni?-
-Io abito sulla grande Nuvola, e oggi stavo tranquilla a prendere il sole, quando quelle dispettose delle mie sorelle mi hanno convinta a giocare con loro. Poi mi hanno spinto giù… Sono state veramente cattive!-
-Perché cattive? Non ci trovo niente di strano- rispose il bambino-tutte le gocce scendono, diventano pioggia, bagnano la terra, e poi risalgono e tornano a casa. Fanno un lavoro molto importante sai?-
-Sarà…-Rispose Gocciolina molto titubante –a me non è mai piaciuto e finora sono sempre riuscita ad evitarlo!-
-Forse è per questo che ti hanno spinto giù allora!-
-Forse…Ma io adesso cosa faccio? –
Gocciolina aveva le lacrime agli occhi…
-Le mie sorelle mi hanno lasciata qui da sola e io non so dove andare.-
-Non ti preoccupare, forse ho la soluzione. Ora ti porto con me, in un posto dove spero ti troverai bene. Sei pronta?-
Gocciolina annui…pronta o non pronta non aveva molta scelta:
Evaporare o seguire il bambino.
Federico la tenne delicatamente sul palmo della mano e si avviò verso casa. Entrò e versò dolcemente gocciolina dentro la vaschetta dei pesci rossi.
-Qui starai benissimo- le disse – e se hai bisogno di me non farai altro che chiamarmi. Ora vado a fare i compiti ci vediamo più tardi.-
Le fece occhiolino e se ne andò.

Commossa per tanta attenzione, Gocciolina ringraziò di cuore, ed iniziò ad esplorare il nuovo ambiente.
Non era male davvero. Nell’acquario c’erano sì tante gocce, ma anche dei pesci buffi e rossi, e a strisce gialle e nere, con dei baffi lunghi lunghi, delle piccole piante acquatiche che si muovevamo dolcemente, e addirittura una minuscola tartaruga con il guscio verde e giallo, che vincendo la sua innata timidezza tirò fuori la testa per un veloce sorriso di benvenuto. Fu facile per Gocciolina fare amicizia con le nuove compagne, e legò in modo particolare con una simpatica bolla d’aria, dentro la quale si rifugiava ogni volta che si sentiva sola e triste.
Anche loro però non capivano perché mai Gocciolina avesse tanta paura, e anzi, molte di loro, che erano nate e cresciute dentro l’acquario, provavano invidia per quelle belle avventure che non avrebbero mai vissuto.
Gocciolina non riusciva spiegare a parole quello che provava.
Semplicemente aveva una grande grandissima paura.
Intanto le sue sorelle erano risalite sulla nuvola, ma nessuna di loro sapeva dove finita Gocciolina. Capo Gocciolone si arrabbiò moltissimo:
-Ma come avete fatto a perderla di vista?- Urlò con quanto fiato aveva in gola, tenendo le mani tozze sui fianchi,
-Non è colpa nostra.- Si discolparono le gocce…-Laggiù è così grande…è bastato un attimo…-
-Avete ragione. La colpa è mia. Non avrei dovuto costringerla… ora chissà dov’è finita: magari in un bicchier d’acqua e qualcuno l’ha bevuta, oppure in un fiume in piena, o chissà in quale posto! Non ce la farà a tornare!-
-Ma no, - Le gocce facevano a gara a consolarlo - vedrai che sta bene, si sarà nascosta da qualche parte aspettando un raggio di sole.-
-Speriamo che sia così- sospirò Gocciolone affatto convinto.
Ma il tempo passava e nessun raggio di sole riportò Gocciolina a casa.
Capo Gocciolone aveva consumato la nuvola a forza di camminare avanti e indietro pensando al da farsi, e alla fine aveva trovato la soluzione:
-Faremo così- disse all’improvviso seguendo il filo dei suoi pensieri. Andrete giù tutte insieme a cercarla e la riporterete a casa..
-Ma è pericoloso- risposero- scateneremo una tempesta.-
-Lo so che è pericoloso. Quindi dovete stare molto attente a non provocare danni: niente alberi abbattuti, né torrenti in piena! Controllate che la grandine non si metta di mezzo, e il vento che non scateni un uragano. Andate e riportatela a casa .E ora cominciate a prepararvi..-
Cosi fu: mentre le gocce si ammassavano il cielo diventava sempre più nero, e il vento soffiava sempre più forte.La grandine, come vide i preparativi tentò subito di intromettersi.
-Si fa festa ragazze? Sono invitata?-
-Sempre pronta a far danni eh? No grandine, non sei invitata e non è una festa.-
La grandine brontolò un po’, e poi si ritirò in angolo a guardare che succedeva.
Intanto sulla terra, gli uomini guardavano il cielo scurirsi con un certo timore.
-Sta per arrivare un bel temporale- disse la mamma di Federico - entra in casa e chiudiamo le finestre.-
Nel sentire quelle parole Gocciolina cominciò ad agitarsi nella vasca per richiamare l’attenzione del bambino.
-Stanno cercando me- gli disse –mi vogliono riportare a casa! Portami in un luogo dove mi possono vedere Federico!-
-Non hai più paura?- chiese il bambino.
-Da morire- rispose Gocciolina – ma se sono tutte qui per me, io devo andare con loro! Non capita tutti i giorni che Gocciolone mandi a cercare una figlia dispersa. Deve volermi bene davvero! -
-Giusto- approvò il bambino, felice che la sua piccola amica avesse deciso almeno di provarci
-Fammi pensare come si può fare…Se esco fuori la mamma si arrabbia, ma se non esco loro non ti troveranno.
Aspetta aspetta, mi è venuta un’idea. Tu stai lì buona e tienti pronta alla grande avventura.-
Quindi mise in atto il suo piano:
-Mamma, mi è cascata la merenda nella vasca dei pesci!- Strillò in direzione della madre che si stava affannando a chiudere vetri e persiane.
-Ora non posso, sto chiudendo le finestre-
- Mamma, ma stanno soffocando!- Insistette il bambino.
-Federico, cambiagli l’acqua e falla finita!-rispose spazientita.
-Va bene- Rispose il bambino che non aspettava altro: prese la vaschetta andò nel bagno, e trasferì gocciolina in un coperchio colorato in modo che le sue sorelle la vedessero meglio e lo posò sul davanzale.
I pesci e la tartaruga si guardarono preoccupati, ma capirono subito che il trasloco non riguardava loro e rimasero zitti e acquattati sul fondo della vasca.
Gocciolina cominciò ad urlare: -Sono qui, sono qui.-
Ma nel frastuono del temporale nessuna riusciva a sentirla.
Allora Federico si affacciò alla finestra e cominciò ad agitare le braccia per farsi notare.
Finalmente una goccia lo vide, e virò in picchiata verso di loro.
-E' qui, è qui l’ho trovata, gridava alle altre, avvertite su che ci mandino i raggi!-
Piano il piano il vento cessò, la pioggia diminuì e i raggi di sole si fecero strada. Le gocce giocavano divertite sui colori dell’arcobaleno, si rincorrevano, salivano e scendevano, come su una gran giostra, e ridevano felici per il ritrovamento della sorella.
Quindi un raggio si posò sul davanzale e aspettò che Goggiolina salutasse il suo amico per portarla a casa.
-Grazie di tutto-. Gli disse –non ti dimenticherò mai, e non dimenticherò nemmeno te, disse rivolgendosi alla bolla., e nemmeno te tartaruga. Non dimenticherò nessuno di voi Siete stati degli amici preziosi.-
Con le lacrime agli occhi, dispiaciuta di lasciarli, si arrampicò sul raggio e si lasciò trasportare.
All’improvviso capii tutto quello che si era persa: il raggio la fece passare in mezzo agli arcobaleni, sopra un fiore profumato, sull’asfalto lucido di pioggia e sulla terra bagnata. Scoprì suoni, colori, musiche che non avrebbe mai immaginato, e il vento che la faceva dondolare era simile ad un’altalena
Non avrebbe mai pensato che fosse così bello.
Sulla Nuvola la stavano aspettando, Grande Madre aveva le lacrime agli occhi per la gioia di stringerla di nuovo, e il Burbero Gocciolone spalancò le braccia in segno di bentornata.
-Mi spiace averti costretta- le disse
-Hai fatto proprio bene- rispose Gocciolina intrufolandosi tra le sue braccia.- Hai fatto bene.-
Infatti dal quel giorno Gocciolina è sempre in prima fila e si diverte come una matta: ha ancora paura del vuoto, e detesta i temporali, ma insieme alle sue sorelle si tuffa, salta, e come ogni goccia, bagna quello trova …e non dimentica mai di fermarsi a salutare Federico.

Adesso Llily era di nuovo piena di energia, e l'Alibro di nuove parole.

Dopo una storia così bella... ne arriverà un'altra, vero?

Wednesday, October 11, 2006

Il temporale di Lily

Lily era sotto un cielo rovente. Il sole di mezzogiorno bruciava l'asfalto e l'erba del prato cuoceva. E Lily si scioglieva come fosse di cera. Tutta l'energia che sentiva dentro di sé soltanto poche ore prima si stava raccogliendo sopra di lei in una nube carica di elettricità. Così, mentre nel cielo vero brillava il sole, il cielo d'asfalto tuonava più forte delle auto che passavano sul viale. Sembrava proprio che stavolta sarebbe arrivato il temporale. E Lily, ancora una volta immobile nella sua malattia, sgranava gli occhi e le sue stelle avevano la luce della paura. Il primo lampo che illuminò la trasparenza di Lily lasciò ciechi i ragni che le stavano più vicino. Gli altri si rintanarono rapidi nelle loro tane come se ne venissero risucchiati. Lily era paralizzata sotto i lampi. Senza carezze. E cercava di immaginare il sole, ma senza le storie dell'Alibro non ci riusciva. L'unica cosa che la teneva in vita era la tensione della paura. Il temporale che mai avrebbe voluto immaginare era arrivato proprio sopra la sua testa. Lei stessa l'aveva generato. L'energia che aveva raccolto per volare in una nuova storia, ora che la storia non era arrivata, le pioveva addosso. Gelava ancora di più quel che restava del suo calore. Il residuo della sua vita scorreva nei corridoii formati dalle gocce che le cadevano addosso. Un pianto interminabile per un'attesa vana. Lily non voleva credere che quel temporale sarebbe stata l'ultima immagine che avrebbe avuto del suo mondo. Non voleva credere che non avrebbe volato mai più. Ed era così bello volare ad occhi chiusi, portata nel cielo dall'Alibro. Questo Lily pensava mentre continuava a dissiparsi. E i lampi si strappavano di una luce sempre più intensa. Mentre Lily perdeva sempre più forza. Anche le stelle dei suoi occhi sembravano non avere quasi più luce propria. Brillavano solo del riflesso dei lampi. E della paura.

Qualcuno ha una storia che possa salvare Lily dal temporale? Presto... presto...

Sunday, October 08, 2006

Un sogno di cioccolato


Lily camminava
o sognava...

Forse sognava perchè si ritrovò all'improvviso con il naso dispettoso incollato al vetro di una finestra.
Sbirciò dentro...
come resistere al suono di quelle melodie che provenivano dalla cucina?
Guardò e rimase a bocca aperta come una sciocca:
Niente fate, gnomi e folletti!
Solo alcuni bambini che, seduti in cerchio su tante poltroncine piccole e colorate, ad occhi spalancati guardavano decine di pagine che si libravano nell'aria...
Pagine colorate e profumate, pagine che cantavano e raccontavano splendide storie di Paesi lontani, di orchi e streghe...
Le pagine del suo Alibro.

Lily si svegliò all'improvviso, sudata e impaurita:dov'era finito il suo Alibro? Cosa avrebbe fatto senza di esso?

Meno male che era solo un sogno, un bel sogno se l'Alibro era volato nel cuore di chi ha ancora capacità di sognare.

Rincuorata da questo pensiero, Lily tornò a dormire, mentre una nuvola leggera copriva a tratti il quarto di luna.

E la nuvola restò lì nel cielo anche quando la luna perse luce e nitidezza. L'Alba la colorò di rosa pallido e Lily non se ne accorse perché dormiva ancora. L'Alba sorrideva. Non aveva mai visto Lily persa nei sogni, con il ciuffo rosso che si muoveva sul prato come la coda di un gatto che vuole giocare con le lucertole. Perché Lily stava giocando nel suo sogno. Aveva ritrovato i bambini non appena aveva ripreso a dormire. Era apparsa in mezzo a loro come in una festa di carnevale, fra tutte quelle pagine colorate che volavano intorno a lei come se fossero coriandoli. E aveva insegnato ai bambini a giocare con l'immaginazione. Ognuno di loro aveva chiuso gli occhi e insieme a Lily si erano trovati in una storia dell'Alibro. Adesso erano intorno ad una casa di marzapane, mentre una vecchia dagli abiti sporchi stava lucidando le mele di zucchero che facevano da pomelli sulla porta d'entrata. La vecchia si sorprese non poco nel vedere tutti quei bambini, perché aspettava soltanto quei due che tornavano alla sua casa ogni volta che qualcuno iniziava a raccontare la loro storia. Quando Hansel e Gretel arrivarono a bussare alla porta della casa di marzapane, trovarono la cucina piena di bambini e una vecchia indaffarata a preparare una merenda con i fiocchi a base di cioccolato. Torri fatte di dadi di cioccolato. Tazze di cioccolato caldo. Praline di cioccolato da far rotolare sulla lingua. Riccioli di cioccolato in cui tuffare le mani.
Quel giorno la storia di Hansel e Gretel cambiò. Perché la fantasia può cambiare anche le storie che sono già state scritte.
I bambini sono i signori della fantasia, perché devono scrivere ancora tutta la loro storia. E si può farli giocare anche senza giocattoli.

E quando Lily si svegliò non c'era più l'Alba. Il sole era alto e Lily sentiva ancora sulla lingua il sapore del cioccolato, come se l'avesse appena mangiato per merenda. Aveva tutta l'energia per un viaggio in un'altra storia.

Chi può ancora raccontare una storia per Lily?

Thursday, October 05, 2006

Zio Bronto

Mastodontico e infinitamente pesante.
Così si sentiva da giorni il vecchio Bronto.
Un canuto, logoro, indefinito essere.
Dal sembiante di mostro, più che di antiquato e decrepito, stanco animale.

Guidato da uno strano istinto
che nemmeno lui avrebbe saputo spiegare
si era avventurato con passo stanco
alla ricerca di un mondo
che il suo sguardo offuscato
confondeva tra nebbie moleste e malsane.

Col respiro affannato
e le zampe tremolanti e gonfie
di infinita fatica e profondo dolore
pur senza sapere dove
né tanto meno perché
iniziò a camminare…

Confuso dalle ombre scure
trasportate dal vento di tempesta
col suo peso immane
fu colto da folle raptus
e nel correre verso il destino
non s’accorse delle creature
che le sue zampe immense
calpestavano con forza tale
da riuscirle a schiacciare…

Un albero fu abbattuto
dalla sua marcia senza fine
ed il boato del crollo
occultò al suo udito
ma non al suo cuore
lo straziante scricchiolio di ossa
violentemente macinate
dalla furia di una notte
senza luna e senza stelle
e con un buio
più da rabbrividire che da dimenticare…

E nel lamento delle ossa amiche
spezzate nell’eco del suo impotente stupore
Bronto comprese che il suo viaggio
era senza una fine
che non fosse la logica soluzione
d’una vita virtuale stanca
che si consumava nel candore
di un mondo scomparso
che il suo istinto animale
non aveva dubitato di riconoscere
come i primi tristi lamenti
d’un corteo funebre
che l’avrebbe condotto
in un luogo di riposo eterno
dove la sua anima
liberata del corpo appesantito dal tempo
e dal grigio pallore
d’un riflesso senza fine
avrebbe finalmente ritrovato
la leggerezza e la speranza
che proprio in quel mondo
aveva scoperto capaci
di donargli ali di farfalla
in grado di sorreggerlo nel cielo di una vita
nuova e ricca
d’emozioni e d’amore
in cui, finalmente,
poteva volare…

Lily ad occhi chiusi pensava soltanto a far svaporare la fatica del salto in un mondo non suo. E le ultime ore della notte portarono a Lily una voce. E la Luna le spiegò carezzandola che suo zio Bronto aveva voluto mandarle una storia. Era la sua storia, o almeno una parte della sua storia. Lily sentì nella voce dello zio l'abbraccio delle proprie radici. Perché anche chi è capace di volare ne ha. Anche chi ha come madre la Luna e come nonna la Notte. Ha radici salde e impalpabili, della materia delle nebulose. In cui nasce una vita.
E quando Lily aprì gli occhi c'era l'Alba.

L'Alibro dovrà sfogliarsi per Lily perché l'arrivo dell'alba abbia un senso... ma per questo deve arrivare una storia. Chi ha una storia per Lily?

Monday, October 02, 2006

Il giorno senza notte


Lily si alzò dal prato ed ebbe una vertigine. Non sapeva più dove si trovava, aveva perso le coordinate della Vita. Lo spazio attorno a lei ormai era troppo ampio, vuoto. Il senso d'infinita solitudine voleva farla precipitare nel pozzo dello Sconforto, ma dentro di lei agiva una forza che vigilava affinchè il Filo della Vita non si spezzasse. Lily si trascinò stancamente sul prato e improvvisamente la sua trasparenza si vestì dei colori dell'arcobaleno. Si, l'arcobaleno era lì, davanti a lei e l'invitava a salire. Un brivido attraversò Lily e l'Alibro si sfogliò rumorosamente nelle due direzioni. Con un piccolo volo Lily si ritrovò in cima all'arcobaleno dove ali di angelo riempirono il Calice della Vita di nuova Speranza.
E dal lembo estremo dell'arcobaleno Lily si tuffò. Vincendo la vertigine. Si tuffò nel mondo al di sopra del cielo d'asfalto. Un tuffo senza elastico. In un cielo azzurro. Senza la notte. E Lily calò secondo la traiettoria vagante di una piuma. Riuscì quasi a mettere i piedi sul mondo. E c'erano rigidi tronchi gelidi, illuminati da luci gialle, rosse e verdi. E c'erano strisce bianche per terra. E montagne squadrate che aprivano pertugi verticali su piccoli mondi privati. E c'erano prati come minuscole isole in mezzo a una superficie che sembrava il suo cielo capovolto. E intorno ai prati giravano come in un incantesimo fragili scatole semoventi. Sembravano capire da sole dove andare, prendendo la deriva all'improvviso, allontanandosi per altri canali che si diramavano come raggi dalle isole verdi. E c'erano steli alti, incolonnati lungo i canali senza acqua, che sembravano doversi accendere da un momento all'altro. Quando il momento sarebbe arrivato.
Lily chiuse gli occhi mentre il rumore delle pagine che giravano nell'Alibro le sussurrarono che quella era la Città. Non era il mondo. Era anche un mondo.
E la Città scorreva veloce negli occhi di Lily come certi filmati accelerati che riducono gli zombie in polvere. Quello era il ritmo della Città. La Città era qualcosa che brucia prima di una sigaretta. Qualcosa in cui la notte può scordarsi di passare senza che qualcuno se ne accorga. Perché di notte la città si trascina in un rantolo, un respiro di sonno profondo. Le strade portano da qualche parte e una meta vale l'altra. Passi verso l'incoscienza finché il respiro si ferma nell'apnea. E il silenzio annulla l'esistenza della Città. E quello che resta in giro sono fantasmi. Che di giorno spariscono, diventando ombre lungo i muri.
Lily aprì gli occhi e si ritrovò seduta sull'arcobaleno che usò come uno scivolo per tornare sul suo prato. Che non gli sembrò più così vuoto.
Ed era notte, sotto il cielo d'asfalto che era tornato al suo posto.
Era notte. Chissà da quanto.

Una storia per la notte di Lily, ora che la notte è arrivata. Perché la notte è fatta per sognare. Il vuoto, più spesso, appare con il giorno.

Sunday, October 01, 2006

Il tramonto trasparente

Il cielo si stava colorando di un rosso intenso, sopra il cielo d'asfalto. E Lily stava diventando trasparente. Sempre più indistinguibile sul prato. Visibile ancora soltanto agli occhi dei ragni che stavano correndo verso di lei, come chi si affretta verso l'orologio marcatempo con la cartolina in mano. Il rosso si spargeva nel cielo e una Lily esangue sembrava donare tutta la sua linfa per il compiersi di quello spettacolo. L'Alibro era muto e immobile. Il mondo forse non aveva più storie da raccontare? Lily non voleva crederci, in quel momento del giorno le pareva davvero impossibile. Quando cala la sera c'è sempre qualcuno che vuole raccontarti qualcosa.
Forse doveva soltanto aspettare la comparsa della Luna, che le avrebbe sussurrato una storia dal Libro Azzurro. Le madri hanno sempre una storia per le loro creature.
Le stelle negli occhi di Lily brillavano ad intermittenza. Perché a momenti veniva a mancare anche la speranza di trovare una storia. E quando la speranza si spengeva, spariva anche la luce dagli occhi di Lily. Ma cos'era la Speranza? Lily voleva immaginarlo, con le ultime forze nel suo corpo di gesso. Lily temeva di chiudere gli occhi. E sognò ad occhi aperti. Sembrava facile leggere della speranza nel tramonto. Sembrava che proprio la Speranza tingesse di rosso quel cielo. E la Speranza dilagava, come sangue da una profonda ferita al cuore. E Lily sentiva il battito accelerato di un cuore. Un battito ritmato dalle carezze sempre più insistenti dei ragni. Era il suono di un tamburo che annuncia l'incalzare di una marcia. La marcia di qualcosa che sta per arrivare. Di qualcosa in cui basta crederci e ci sarà. La Speranza era una trasfusione che scendeva dal cielo come da una flebo attaccata ad un filo. E la faceva resistere ancora. Per quanto non si sa. Ma sempre più di quanto si sarebbe potuto prevedere. E intorno a sé Lily poteva immaginare mille tamburini che battevano il tempo su un cuore enorme. In barba all'orologio che chiamava la notte. Ma quel battito teneva lontano l'arrivo del buio. Come le belve stanno lontane da un fuoco che qualcuno ha la cura di mantenere acceso. Forse il nero non avrebbe coperto d'ombre quel cielo in cui si attardava la Speranza. E dopo il tramonto, incredibilmente, sarebbe subito arrivato un altro giorno.
Intanto i ragni si specchiavano nella trasparenza di Lily. I più vanitosi interrompevano le carezze, stupiti dal loro aspetto che mai avevano avuto modo di vedere. E Lily rifletteva una luce rossastra, perché c'era speranza, ovunque dentro di lei.
E una storia sarebbe presto arrivata.
Questa forse era la sua ultima certezza. Ma era una certezza.
Lily era ancora viva perché la Speranza è l'ultima a morire.

Una storia per Lily... qualcuno ha ancora una storia per Lily?