Sunday, December 31, 2006

Buoni auspici

Briggy era davanti a casa. Perché Briggy aveva una casa da pochi giorni. E le piaceva starci davanti, anche se era vuota. Perché piena era la sua gioia. E ora aveva imparato ad allargare il suo sorriso fino ai piercing. E così. Era davanti a casa, quando scoccò la mezzanotte e con lei il nuovo anno. Era sola. Ma non si sentiva poi così sola davanti a casa sua. I buoni auspici volavano intorno a lei insieme ai pipistrelli. E Briggy era buona amica dei pipistrelli. E le stelle della prima notte dell'anno sembravano brillare della sua felicità. E gli altri amici di Briggy, bipedi eretti, erano lontani da lei fisicamente. Ma vicini con il cuore. Avevano cercato Briggy perché avrebbero voluto portarla con sé.
Ma Briggy era voluta restare davanti a casa.
Perché quello era il posto che si era scelta per stare.
Non soltanto per questa notte di fine anno.

Per questo amici miei, vi auguro da qua un bellissimo anno nuovo. Che sia anche per voi NUOVO quanto lo sarà per me... :)

Friday, December 22, 2006

Le frange dei confini

Lily era sul prato e il prato era riarso, l'alba non aveva dispensato rugiada in quel mattino in cui sembrava che il cielo d'asfalto stesse per crollarle addosso. Seppellendo la sua paralisi. I ragni procedevano lenti verso di lei e i pipistrelli avanzavano da lontano con immensa fatica. Il cielo aveva una densa consistenza, o almeno sembrava averla. Come un ubriaco che stenta a fare i soliti passi per strada, i pipistrelli sbandavano e perdevano la rotta. La linfa che correva nella Lily viva stava asciugandosi con il prato, rallentando come i ragni, disorientandosi rispetto alla meta, che era la percezione dei sensi.
Silenzio, insensibilità e cecità.
Silenzio dove non c'era più eco del fischiare dell'erba che svapora, dei passi arrancanti dei ragni, dei pipistrelli troppo lontani e del ruggito dell'asfalto.
Insensibilità all'alito vitale, alle carezze del primo dei ragni, al dolore che precede la paralisi. Cecità della coltre d'asfalto che si stendeva piatta sopra di lei e anche del buio che le limitava sempre più il campo visivo. Lily vedeva il vuoto. E se il vuoto avesse visto Lily avrebbe visto lo sfrigolio di due sole stelle, nessuna cometa in arrivo, soltanto quello che restava della luce dei suoi occhi. E nel vuoto arrivò un pipistrello esausto, ma ancora con un filo di voce ultrasonica per raccontare a Lily una storia.

C'era l'universo di cui erano inconoscibili i confini, ma di cui era pensabile l'esistenza. C'era forse una trina di galassie, come il ricamo che guarnisce il piatto di una torta. Un ricamo sfrangiato che si muove nell'infinito come i tentacoli delle meduse negli abissi del mare. E c'era quello che nessuno si aspettava e nessuno avrebbe mai pensato che ci fosse.
Non esisteva umana spiegazione. Non esisteva umana superstizione. Per quel che c'era. Quel che c'era aveva un respiro che gonfiava il ventre e lo rilasciava, dissipandone il volume in energia. Quando il respiro si sospendeva nell'apnea qualcosa collassava e trovava la necrosi prima del nulla. Così, senza quel che mancava, qualcosa annaspava e perdeva regola e lucidità naturale. Tentando di sopravvivere fagocitava quel che gli stava intorno. Nutrendo la morte della morte. Lasciando la vita a cosa dopo restava come fosse un'opportunità fortuita. Poi un grande respiro, come fosse sollievo, soffiava ancora la vita e c'era qualcosa che ancora procedeva il suo ciclo, altro che nasceva e che prima non c'era. E una risata cosmica provocava un'eco che qualcuno avrebbe detto Big Bang. Si accendevano le vette di antichi vulcani e le sfere di magma che davano possibilità a infinite possibilità. E se da qualche parte è mai nato un popolo che qualcuno ha detto intelligente è cosa davvero strana. Perché non c'è mai stata intelligenza. Non c'è mai stata volontà. Perché
c'era quello che nessuno si aspettava e nessuno avrebbe mai pensato che ci fosse. Perché non esisteva umana spiegazione. Non esisteva umana superstizione. Per quel che c'era. E che c'è forse soltanto perché l'apnea che provocherà il vuoto ancora deve arrivare. E non sarà la fine del mondo. Sarà forse la fine di un mondo piuttosto che di un altro. Secondo come tira il vento e gira la ruota intorno agli inconoscibili confini. Non sarà la fine di niente. Perché ci sarà altro che nascerà e che non si può dire sia niente soltanto perché questo popolo non potrà vederlo. E neppure le meduse potranno. Ma qualcosa che resterà inconsapevolmente simile ai loro tentacoli continuerà ancora per un po' a sfrangiare nell'infinito.

Lily vide il vuoto riempirsi in un attimo di una miriade di pipistrelli che sparirono nel nulla in un battere di ciglia. La storia era finita. Ma sarebbe ricominciata. Perché così andava il mondo. O quella sorta di mondo che stava sotto il cielo d'asfalto. Un mondo più lontano di altri dalle frange dell'infinito.

Anche le pagine dell'Alibro possono tornare a muoversi nel respiro delle vostre storie. Scrivete parole per Lily...

Sunday, December 17, 2006

Il Tesoro di Lily

Aveva girato in lungo e in largo Lily, ma non aveva trovato quel che cercava.Volete sapere cosa cercava? Lily cercava il suo Tesoro. Sentiva dentro di sè che era vicino e che prima o poi lo avrebbe trovato...ma non era ancora arrivato il momento. Tornava stanca dal suo ultimo viaggio. Le pagine dell'Alibro erano tutte fradice. No, non era stata la pioggia ma le sue lacrime a bagnarle. Anche il suo ciuffetto aveva perso la forma originaria, non svettava più verso il sole ma le ricadeva lateralmente sul viso. Eh si, sarebbe ritornato al suo posto solo grazie ad una bella soffiata di Mistral. Anche le pagine dell'Alibro si sarebbero potute asciugare, ma quel giorno si sentì abbandonata anche dal suo caro amico Mistral! Non aveva più lacrime Lily, ma solo un 'infinita tristezza che la sprofondava in un precipizio di solitudine. Cosa avrebbe dato per un raggio di Sole!
Ma il raggio di Sole non arrivò e Lily si addormendo per non sentire più il ciuffetto che ormai le era arrivato alla gola e stava iniziando a soffocarla. Prima di crollare nel sonno profondo sentì una voce sussurrarle "Abbi fede Lily, abbi fede..."
Poteva sembrare il sussurro di una dio, ma Lily aveva fede soltanto nella Luna e nel Sole, di cui poteva avere la certezza delle apparizioni. E nella solitudine in cui si trovava, non vedeva più né Luna né Sole. Era forse la voce del suo cuore che cercava di darle una speranza. E la fede era fiducia. Era fede nel credere che ci fosse un Tesoro che l'aspettava, da qualche parte. Era fiducia di trovarlo, prima o poi.
E intanto era arrivata la voce di una storia che asciugò con il soffio del suo sussurro anche le pagine dell'Alibro. E le pagine dell'Alibro iniziarono a sfogliarsi, asciugando infine il suo ciuffo, senza bisogno che arrivasse il Mistral. Che chissà dov'era. Il mondo era grande sopra il suo cielo d'asfalto e il Mistral non era da biasimare se ogni tanto si perdeva nel suo girovagare.
Lily chiuse gli occhi bagnati di lacrime e si alzò dal prato. Ad occhi chiusi stavolta le pareva di fluttuare nel blu degli abissi, richiamata da un canto a scendere sempre più giù. Senza timore né angoscia della solitudine e del silenzio che erano là sotto.
Perché c'era anche un Tesoro. E Lily era lì per questo.
Il Tesoro aveva la luce delle perle e si accese nel blu, mentre una sirena prendeva Lily per mano. Il canto che l'aveva chiamata sembrava composto dal suono dei delfini. E i delfini apparvero intorno a Lily e alla sirena. Danzarono insieme in un girotondo di pinne, di code, di bolle che salivano come fossero in ascensore. E Lily sentì la felicità di aver trovato quegli amici che gli erano andati incontro, l'avevano cercata, nel momento in cui ne aveva più bisogno. Nella solitudine del fondo del mare. Nella solitudine di un prato deserto. Nel buio degli abissi e del cielo. Nel silenzio della Luna e del Sole. Quando soltanto il cuore poteva ancora parlarle. Senza un dio. Ma con un Tesoro. Quel tesoro che è l'amicizia ostinata di chi ti vuole bene. E ti trova sempre.
Quando Lily aprì gli occhi gli parve di continuare a sognare. Perché c'erano intorno a lei la Notte, il Sole e la Luna. Tutti insieme. Lily si sbalordì così tanto che quando aprì la bocca per dire qualcosa gli uscì un suono dalla gola apparentemente inconsulto. Sembrò parlare con la voce di un delfino. E per i delfini non sarebbe stato incomprensibile, perché gli amici ti capiscono sempre.
Lily vide in un'ultima immagine flesciante una sirena che chiudeva la conchiglia di una perla. Ma la luce della perla restò nel suo cuore. Perché quello era il suo tesoro.

Thursday, December 07, 2006

Il lago di seta


Lily era pallida e rigida, il cuore tremante non produceva alcun segno esteriore. Il cuore fremeva come avrebbero dovuto fremere le pagine dell'Alibro, che invece stavano chiuse, come un fiore acerbo a cui serve ancora un giorno prima di sbocciare.
Il prato era un brulicare di ragni che correvano ad accarezzarla.
Il cielo d'asfalto era nero perché era già arrivata una miriade di pipistrelli. E i pipistrelli stavano appesi a quel cielo, aggrappati alle crepe che si allungavano come nubi sfrangiate dall'alta pressione, fra cui non sarebbe potuta spuntare neppure una luna immaginaria. Perché i pipistrelli stavano, fitti e addormentati, uno accanto all'altro. Erano una coltre impenetrabile e palpitante. Perché anche i pipistrelli hanno un cuore. Per questo, forse, uno cominciò a muovere piano le ali, come un foglio di carta che si brucia con un fiammifero e dall'immobilità assoluta sembra animarsi di vita, proprio negli ultimi istanti, quando ancora lo si dirrebbe 'foglio' e non ancora 'cenere'. Poi il pipistrello si staccò dal cielo, come una goccia di piombo, per poi planare e roteare con una leggerezza impensabile sulla testa di Lily. Il ciuffo sceso sul naso, senza storie di cui tenere il segno, faceva sembrare che di Lily fossero rimasti soltanto gli occhi. E forse era così. Ma c'era una voce che altri non avrebbero sentito, ma che Lily udiva distintamente. E c'era una storia che il pipistrello le stava raccontando.

C'era un lago che sembrava un tessuto di seta, abbracciato da una piccola valle all'apparenza disabitata. E se non era disabitata era perché ci abitavano due vecchie che in quella valle erano state anche fanciulle. E adesso che erano cieche passavano il tempo a raccontarsi i ricordi. Mentre una raccontava, l'altra ascoltava in silenzio. Ogni ricordo finiva con un sospiro, un soffio dalle labbra che si spingeva fin sul lago e ne increspava la superficie, come se la bocca rugosa si specchiasse mentre si chiudeva. E se le due vecchie avessero ancora avuto occhi per vedere, avrebbero visto, appena sotto il pelo dell'acqua, l'immagine di una bambina o di una giovane donna che restava impigliata per qualche istante nell'increspatura dell'acqua, per poi inabissarsi come una sirena incapace di nuotare. E prima che l'altra che era stata zitta cominciasse a raccontare, piangevano insieme e le loro lacrime correvano verso il bordo del lago, divenendo granelli di sale che andavano a incoronare la riva. Quando il sole batteva sul lago, il cerchio d'acqua luccicava come luccicano le gemme preziose. Perché le lacrime per la gioventù perduta non sono qualcosa di molto diverso dalle gemme preziose, ma conservano l'amaro del sale. E quel luogo pochi l'avevano visto davvero. E chi ci era arrivato era subito tornato indietro perché se ne raccontava come fosse leggenda e la leggenda diceva che la malinconia, che lì si respirava come fosse aria, avrebbe stordito anche un bambino che non aveva motivo di piangere la giovinezza. Adesso quel luogo aveva il nome de Il Lago della vecchie piangenti. E le due vecchie erano state sole da sempre. Anche quando erano giovani e si rincorrevano per la valle. Allora non avevano niente da raccontarsi e ridevano soltanto. E anche in quel tempo pochi avevano visto quel lago davvero. Perché chi
ci era arrivato era subito tornato indietro. Se ne raccontava anche allora come fosse leggenda e la leggenda diceva che la stoltezza, che lì si respirava come fosse aria, avrebbe stordito anche un vecchio saggio che non avrebbe saputo altrimenti ridere del niente. Ma allora quel luogo aveva un altro nome, era Il Lago delle giovani sciocche. E nell'età che vide la maturità delle due donne, molti cercarono il lago senza trovarlo, perché così volle il destino. Il destino voleva forse essere l'unico padrone del Lago delle due Dee. Perché la pelle delle due donne aveva la consistenza di un tessuto di seta. E voleva essere soltanto lui ad abbracciarle, come la valle abbracciava il lago.


Il pipistrello tornò ad attaccarsi alla volta d'asfalto. Mentre Lily, sul prato, provava a soffiare sul prato, con quel poco di fiato che le restava, sperando di far apparire l'immagine di una storia. Facendo rabbrividire soltanto i ragni, che cominciarono a pensare che stesse arrivando una bufera di vento.


Una storia per Lily, perché il suo ciuffo torni fluttuare sulla sua testa. Perché Lily non sprechi per tanto il suo respiro...

Friday, December 01, 2006

LilyTech

Capita che una mattina ti alzi più rimbambito del solito.

E capita che una doccia fredda ti dia l'illusione di esserti svegliato davvero.

Quindi procedi a zigzag verso la cucina, accendi la caffettiera, estrai burro e yogurt dal frigo e mentre aspetti che il tutto si scaldi,ti versi un bicchiere di succo d'arancia.

E capita che decidi nell'attesa di accendere il computer per guardare le ultime notizie.

Quindi torni a zigzagare verso la scrivania e appoggi il bicchiere da qualche parte.

E allora capita che, mentre stai digitando, tiri una gomitata al bicchiere.

E capisci che non eri poi tanto sveglio, visto che l'hai messo in una posizione pericolosa. E osservi il succo che cola sulla tastiera, mugugnando imprecazioni sconnesse. E cerchi di salvare il salvabile col primo straccio che ti capita sottomano.
E ti chiedi cosa succederà sotto i tasti dove è colato il succo che non hai potuto asciugare.

E cosa succede sotto i tasti è che cominciano a formarsi delle bolle, che salgono nel monitor per qualche incomprensibile fenomeno. Così Lily si trova a fluttuare dentro lo schermo quadrato, con l'Alibro che la tiene sospesa nella virtualità. L'Alibro l'avvicina e l'allontana alla lastra di vetro fino a sbatterci il naso. Ma un naso fatto di pixel non fa male. E Lily continua a sorridere, in un ciclo infinito di una storia infinita. Come questa vorrebbe essere.
E stavolta di quello che è accaduto resta una traccia, su questo blog, che non è fatta di sole parole. Ma la virtualità non è per Lily. Perché Lily vive, davvero. In un mondo non virtuale. Ma di fantasia. Che non è la stessa cosa.

E Lily, lo sapete... aspetta una storia... per uscire dal mondo virtuale e entrare in quello che soltanto voi potete farle conoscere...