Thursday, September 28, 2006

Le farfalle del sogno

La pila di scatole cadde e ogni scatola mostrò il suo contenuto. Da alcune uscirono farfalle dalle ali dorate, da altre farfalle con ali appena accennate e in altre stavano rannicchiate nell'angolo crisalidi in attesa che il miracolo della Vita si compisse. Le farfalle dorate volarono via, altere, leggere. Alcune di loro però si fermarono a volare sulle scatole aperte, in attesa che ali accennate diventassero dorate e che le crisalidi diventassero farfalle per volare insieme più in alto.
Nella Fabbrica di Sogni ora non c'era nessuno. Lily se n'era appena andata, uscita dalla porta come dal suo sogno.
Lily era sul prato, quando l'Alba terminò di ripulire il cielo e arrivò il giorno. Ma le civette non fuggirono alla luce del sole. Si tramutarono. Prima le loro piume divennero del colore dell'oro. Poi persero i becchi e i grandi occhi rotondi si rimpicciolirono fino alla dimensione di una capocchia di spillo. E infine non si sarebbero più dette civette. Si sarebbero dette farfalle. E Lily che si era arresa davanti al suo sogno si trovò con un giorno il più di vita. Inaspettato. E invece. Il suo sogno era lì. Le farfalle l'avevano cercata e trovata. Perché Lily si meritava il suo sogno e le farfalle d'oro gliel'avevano portato. Insieme alla luce del sole del mattino. Lily si alzò in volo raggiungendo le farfalle e depose un bacio sulla testa di ognuna di loro. Mille baci. Forse più. Lily perse il conto. Alla fine della storia che chiuse l'Alibro, riportando Lily sull'erba fresca del prato, non contava il numero dei baci. Non contava il numero di farfalle. Non contavano le coppie di ali o le pagine dell'Alibro. Contava un giorno in più per la vita di Lily.

E sarete voi, e non più le farfalle, a aggiungere ancora un giorno alla vita di Lily... raccontandole una storia...


Tuesday, September 26, 2006

La fabbrica di sogni



Lily era abbandonata. Abbandonata e immobile sul prato. Abbandonata dalla Notte e dalla Luna. Che stavano lasciando il cielo e il mondo sopra il cielo d'asfalto. Abbandonata dall'Alba che stava arrivando, ma che aveva altro da fare piuttosto che occuparsi di lei. L'alba era impegnata a spazzare i sogni dal cielo. Ragnatele di desideri che prendevano forma nel cielo sempre più chiaro.
Lily sembrava fatta di cristallo. Rifletteva la luce dei sogni contornandosi dei colori dell'iride come la luna s'incorona del suo alone. E l'Alba aveva un bel daffare. Anche i ragni, già intorno a Lily, erano molto impegnati. In un compito inutile. Lily era ormai insensibile ad ogni carezza. La sua pelle era come carta che rischiava solo di lacerarsi sotto le zampette dei ragni. Ma le stelle nei suoi occhi brillavano come fari che cercano una strada nel buio. Una porta si stagliò davanti a Lily, era l'entrata della Fabbrica dei Sogni. Ancora Lily riusciva ad immaginarla, con le ultime forze. C'era un lungo corridoio che arrivava sull'apertura di una grande stanza, impilate scompostamente, dal suolo fino al soffitto di vetro, c'erano migliaia di scatole bianche, quasi trasparenti nel loro candore, come conchiglie che custodiscono al loro interno una perla irradiante la luce dei desideri. Sembravano tutte uguali, come zollette di zucchero di produzione industriale. Ma non era così. Ognuna conteneva un sogno diverso. E il cuore di Lily batteva forte perché in quel luogo poteva scoltare tutti sogni del mondo. E cercava il suo. E il suo non era l'Amore. Era un altro giorno di vita che Lily desiderava, più forte di tutto. Un altro volo su ali scritte da parole. Una scatola si aprì quando Lily si avvicinò. Un fruscio la chiamò e Lily infilò la testa nella scatola. C'era un Alibro minuscolo che sembrava un pulcino. Che doveva imparare a volare. Lily sentì il gelo della paralisi sulle sue spalle. E pianse lacrime calde.
Si salvarono soltanto i ragni capaci di nuotare.


Sweet dreams are made of this... una storia per Lily, perché il suo sogno si esaudisca...

Monday, September 25, 2006

Water water everywhere


Il mare cullava dolcemente Lily e Lily chiuse gli occhi, ma qualcosa la riportò alla realtà. Un gabbiano dalle piume argentate planò sulla sua testa in cerchi sempre più piccoli e vicini, fino a sfiorarla. «L'Acqua del Mondo ti ha cullato fra le sue braccia e hai potuto godere dei suoi benefici flutti. Ora è arrivato il tuo Tempo». Alle parole del Gabbiano si unì un canto di Sirene: «Vola in alto dolce Lyli, gocce dell'Acqua del Mondo dall'Alibro sulla Terra cadranno e nuove messi dorate nasceranno».
Lily riprese a volare con fatica sotto il peso dell'Alibro intriso dell'Acqua del Mondo.
E l'aria era quella della notte. Una notte sulle acque del mare dove tutto è possibile.
Acqua. Acqua ovunque. E nessuna goccia per dissetarsi.
La brezza che soffiava sull'Acqua del Mondo aveva la forza di spingere il Tempo. La Storia sembrava correre appena sotto il pelo dell'acqua, le gocce che componevano il mare erano piccole storie umane. Lily era emersa dall'acqua, nata adesso come una Venere. La sua storia grondava dall'Alibro, mentre la brezza ne asciugava le parole. Come fossero fresche di stampa. E la sua storia era il suo tempo. Ma Lily neppure con l'immaginazione riusciva ad afferrare il tempo. Il suo tempo correva spinto dalla brezza e le pagine svoltavano velocemente. Senza che Lily riuscisse a leggerle. Perché nessuno può leggere la propria storia.
E tutta quell'Acqua che si muoveva sotto di lei non era altro che il Destino.
Soltanto questo Lily poteva immaginare.
E le rimase la sete. Anche più tardi qando riaprì gli occhi seduta sul prato. L'Alibro era asciutto come la sua gola. Le civette volavano sulla sua testa. Insieme ai suoi pensieri. Aspettando che tornasse il giorno. Un nuovo giorno per Lily.

Raccontatele una storia e sorgerà così il nuovo giorno di Lily...

Sunday, September 24, 2006

La deriva del tramonto



«Quando si vive nel sogno, ci si lascia cullare dalle sue dolci onde, senza rendersi conto che si sta andando alla deriva e spesso, quando ce ne rendiamo conto, lo facciamo troppo tardi e ci si trova in mare aperto. Non ci sono più sponde verso cui navigare, in qualsiasi direzione si guardi, e non si riesce a decidere dove andare, con la paura di non toccare più la dura e rassicurante terra.»
Questa era l'insospettabile saggezza di una paperella rossa.
Che neppure parlava perché Lily l'ascoltasse. Parlava perché era l'ora del tramonto e non era possibile frenare i pensieri. Sotto quel cielo che sembrava espandere in superficie il proprio immenso cuore. I pensieri e le parole si lasciavano trasportare dalla corrente. Era aria che muoveva le nubi alla velocità del sangue. E i pensieri non facevano altro che nascere, per poi andare verso il cuore del cielo. E Lily si trovò a volare senza aspettarselo. Non aveva sentito l'Alibro che si apriva. Non si era accorta che era arrivata una storia. E forse neppure c'era davvero una storia. Sembravano soltanto pensieri che giravano. Insieme alle pagine. Allora Lily chiuse gli occhi. E la deriva era lì ad aspettarla. E cos'era la deriva c'era solo da immaginarlo. Ma toccare la terra in quel momento non le importava. Era bello lasciarsi trasportare. Dove stava andando poco importava. Sarebbe rimasta anche per sempre tra le onde. Perché le onde la cullavano. E non aveva da fare niente lì in mezzo al mare. La terra era dura. E neppure troppo rassicurante. Perché alla deriva in mezzo al mare ci si aspetta l'arrivo degli squali. E anche se poi ci mangiano possiamo prepararci al ruolo di cibo, accettarlo come un destino. Ma gli squali che ti mangiano sulla terra, ti mangiano a sorpresa. Un minuto prima ci sei, un minuto dopo la tua esistenza è annullata. E tutto quello che avresti voluto saprisce. Con te.
La deriva era dolce. Il mare era liquido amniotico. E tutto sembrava dover ancora iniziare. Mentre il giorno finiva e arrivava la notte.

C'è una storia che vuole far volare Lily insieme alle civette? Soltanto voi potete saperlo...

Saturday, September 23, 2006

Una paperella rossa


E l'alba arrivò. La dolce signora vestita di oro sfiorò con le sue dita rosee e leggere il volto ancora addormentato di Lily. «Svegliati Lily, svegliati mia tenera bambina. Non puoi più sognare. E' tempo di vivere questo giorno. Svegliati».
E Lily si svegliò. Una luce fatta di mille rose e mille perle la prese nel suo morbido abbraccio e la riscaldò. Un fremito nell'Alibro, una nuova forza, un nuovo giorno, forse una nuova storia da vivere.
Sul grigio dell'asfalto, trasportata da un rivolo di acqua, comparve una paperella rossa, il giocattolo disperso di qualche bambino. E con la sua andatura lenta e dondolante passò accanto a Lily.
L'alba aveva concluso la sua missione nel cielo. Ma il sole quasi non c'era. Lily non aveva neppure sentito il temporale che aveva bagnato l'asfalto. Era il primo giorno d'Autunno, i temporali ancora passavano veloci. Giusto il tempo di distrarsi infilando una collana di perle. Era ancora possibile non accorgersene. E Lily si svegliò dal pianto con il saluto dell'alba. L'Alibro si muoveva. Perché Lily non sapeva cos'era il pianto e non sapeva che le perle erano lacrime. Ma la forza del nuovo giorno le fece chiudere il pianto e le lacrime in un cassetto. Insieme ai temporali e al Tradimento. Perché vicino a lei si era fermata una paperella rossa. Poco importava che fosse arrivata con un temporale. Era un giocattolo sfuggito al gioco. Perché forse il gioco non gli piaceva. Ecco: la paperella voleva mantenere l'arbitrio della direzione da prendere e non le andava di sentirsi pilotata da qualcuno che la teneva per la coda. E cos'era il Gioco Lily non lo sapeva. L'Alibro svoltava le sue pagine per questo. Lily chiuse gli occhi, alzandosi in volo sul prato, e iniziò ad immaginare. Si trovò seduta su un'altalena che un momento l'avvicinava alle nuvole e un momento più tardi la riportava lontano. Dalle nubi piovevano paperelle di tutti i colori. Questo non era un temporale. Questo era un gioco che qualcuno si era inventato per lei. E Lily rideva a crepapelle, cercando di acchiappare tutto quello che le cadeva dal cielo, prendendoci sempre più gusto. Perché ai bei giochi si prende gusto. E dei giocattoli bisogna avere cura. Perché se si rompono il gioco finisce. E si può riprendere a giocare soltanto con altri giocattoli, ma mai più con lo stesso. E questo è un peccato. Perché un giocattolo non è mai uguale ad un altro, anche se all'apparenza può sembrarlo. L'apparenza inganna. E non ci si diverte più come prima.
Lily aprì gli occhi, mentre l'Alibro la riportava sul prato accanto alla paperella rossa che era andata cercarla sotto il cielo d'asfalto. Perché voleva stare con lei. La paperella l'aveva scelta perché Lily non l'avrebbe mai tenuta per la coda. Perché Lily sapeva cosa significava volare in libertà. E Lily avrebbe avuto cura della paperella perché sarebbe stata per sempre il suo gioco preferito. Anche se ne fossero arrivati altri. Anche se ne avesse già avuti altri.
Di paperelle rosse, per Lily, ne esisteva una sola.

Lily sta giocando... lasciamola giocare fino al tramonto. Ma al tramonto Lily tornerà a volare... perché c'è già una storia che aspetta tra le pagine dell'Alibro.

Un nodo di perle


Perle umide e calde presero a scorrere dagli occhi di Lily. «Perchè solo nei sogni? Forse perchè sono io un sogno?»
Volò in alto zigzagando, senza una meta, in attesa che il prossimo sogno le asciugasse gli occhi e la liberasse da quel nodo che si sentiva in gola.
Ma era l'alba e i bei sogni arrivano sempre di notte. Lily era anche capace di sognare ad occhi aperti. Ma sapeva benissimo che poteva essere pericoloso. Sognare a occhi aperti è da sempre il terreno fertile su cui crescono rigogliosi i fiori viola della Delusione. E sognare a occhi chiusi, mentre il sole sta crescendo sempre più alto nel cielo, porta sogni veritieri. Che niente assicura possano essere anche dei bei sogni. E sognare la verità è un po' come non sognare affatto.
Le perle intanto continuavano a cadere dagli occhi di Lily, mentre lei, ormai del tutto sveglia, sedeva sul prato. Rotolavano calde sulle guance per poi cadere e raccogliersi nella culla delle sue mani, che Lily teneva appena sotto il mento. Perché nessuna delle perle cadesse e si perdesse tra i fili d'erba del prato, bianchi come la sua pelle. Bianchi come perle. Quelle perle non si dovevano smarrire. Erano preziose. Salivano agli occhi spinte da parole che non riuscivano ad uscire dalla bocca. Nascevano nella glottide quando le parole si calcificavano. Ogni tanto qualcuna sembrava non riuscire a risalire. Quando la prima che si fermava bloccava l'arrivo della seconda, e poi della terza e poi e poi... e poi sembrava quasi che nessuna le sarebbe più uscita dagli occhi, Lily si sentiva strozzare. Un nodo di perle le chiudeva la gola. Un singhiozzo infine le liberava e cadevano tutte insieme. Tra le mani di Lily. Che non voleva perderle e ne fece un collana preziosa, usando lo stelo di un fiore per infilarle. Un cimelio dell'Amore perduto. Un prezioso ricordo che sarebbe rimasto con lei, mentre l'Amore era lontano. Un souvenir dal mondo dove avrebbe voluto vivere e volare per sempre. Ma che non era il suo.

Forse l'Alibro potrebbe far immaginare a Lily cosa sono le perle che cadono dagli occhi. Ma per questo occorre che arrivi una nuova storia per Lily...

Thursday, September 21, 2006

Un nuovo mondo per Lily


"Lily, ritorna a volare, ritorna a sognare, il mondo ha bisogno di te".
Queste parole le asciugarono gli occhi, i ragni presero a correre in ogni direzione, smarriti. Non più ragni attorno a Lily ma farfalle dalle ali di vento che le accarezzano il viso. Sotto i soffi leggeri delle piccole fate, Lily si ritrovò vestita da mille colori.
"Ho ancora bisogno di tempo, di quel tempo rubato al mio tempo. Ho tanto bisogno di spazio, dello spazio che ora è pieno di parole e non lascia lo spazio all'Amore".
Era stanca, Lily. Sentiva dentro di sé che la speranza per un mondo migliore pieno di luce e colore si era solo assopita, ma non era sparita.
Ma di chi erano quelle parole che erano appena arrivate, mentre ancora era notte? Forse era stata proprio la Notte a parlare. Sì, la Notte nonna di Lily. E la Notte si era opposta all'arrivo dell'alba perché voleva vedere volare la sua Lily vestita dai mille colori di cui aveva appena conosciuto l'esistenza. La Notte voleva regalarle ancora un sogno. Soltanto in un sogno Lily poteva trovare ancora il tempo rubato e lo spazio del silenzio. Soltanto in un sogno Lily poteva trovare l'Amore. Soltanto in un sogno, l'immaginazione da sola non avrebbe saputo aiutarla.
Lily chiuse gli occhi e l'Alibro non mosse una pagina. Lily si addormentò. E iniziò a sognare. Nel sogno Lily era bellissima, vestita con la stoffa leggera dell'arcobaleno. E nel sogno c'erano il mare e il cielo azzurro. I prati verdi. Un sole giallo disegnato da un tratto inesperto. E c'erano cespugli di rosa canina. E da uno dei cespugli volò vicino a lei un bambino che come lei aveva sulle spalle un libro che gli faceva da ali, un bambino vestito degli stessi suoi colori. Il bambino la guardò negli occhi e fu come se quattro stelle si incontrassero tra i fuochi d'artificio. E le guance di entrambi si colorarono di un rosa acceso. I loro volti avevano luce propria, niente poteva quel sole infantile. Due cuori rossi come il sangue uscirono dal petto dei due bambini senza fargli alcun male. Lily parlò con una voce che sembrava il sussurro dell'emozione: «Ehi... e tu chi sei?» disse al bambino. «Sono l'Amore, piccola Lily» rispose il bambino. Lo disse proprio a lei. E a nessun altro. Perché non c'era nessun altro che si meritasse quella risposta.
L'Amore prese Lily per mano. Non era una volo quello che li trasportò alti nel cielo. Era una danza. E il mondo ai loro piedi era il mondo dove Lily avrebbe voluto vivere per sempre. Era un mondo dove si ritrovava il tempo bruciato e lo spazio del silenzio che dice tutto. Era un mondo dove si poteva tenere gli occhi chiusi e sentirsi invulnerabili. Perché c'era Fiducia e non esisteva Tradimento. E cos'era la Fiducia Lily lo capiva già senza doverla immaginare. Mentre il Tradimento Lily l'avrebbe tenuto chiuso in un cassetto, insieme ai temporali. Di cui non voleva sapere niente. Non in quel sogno, almeno.
Lily era innamorata e felice. La Felicità era questo. Anche questo.
Ma questo era un sogno.
E l'alba arrivò.

Cosa potrà ancora immaginare Lily, ora che sa di poter incontrare l'Amore nei sogni?
Saranno le vostre parole a farla volare. Perché Lily vive di questo e per questo. E la vita è la vita. E i sogni sono i sogni. Ma non sono la vita.

Wednesday, September 20, 2006

Il dono della Luna

E la luna sorrise.
E mentre sorrideva
Si allungò verso Lily
In mano teneva un libro
Un libro nuovo
Tutto Azzurro
Un libro di disegni e di colori
Che non aspettava altro che essere accanto all'Alibro
per volare verso una nuova fantasia.
Ancora una volta Lily sentì una carezza. Un batter d'ali. Anzi, un nuovo sfogliare di pagine. C'era una storia da qualche parte, dunque. C'era una storia là nella notte illuminata dalla luna, appena sopra il cielo d'asfalto.
E c'era un libro azzurro che era sceso fino quasi a toccare il prato dove giaceva Lily. E Lily si alzò dal prato trasportata dall'Alibro, che muoveva già le sue pagine in sincronia con il libro della Luna. E le pagine sussurravano che il mondo di sopra aveva dei colori. E cos'erano i colori Lily non lo sapeva. Ma poteva immaginarlo. E seppe che il libro era AZZURRO come il MARE. Perché il mare Lily l'aveva già visto. Il libro ne aveva solo il colore, il libro non la bagnava. E il libro le disse che il mare era azzurro come il cielo. E Lily seppe che il cielo non era d'asfalto ovunque. E poi la voce le disse che il GIALLO era il colore del sole disegnato dai bambini. E che il tramonto di sangue che quasi l'aveva uccisa era ROSSO, perché quello era il colore delle lacrime che uscivano dalle ferite. Lily ascoltò ancora il libro della Luna che le raccontava che il suo prato avrebbe dovuto essere VERDE, perché è questo il colore dei prati. E poi c'era il BLU, quando si scendeva in fondo al mare. E di NERO si vestiva sua nonna la Notte. E BIANCO era il colore della Luna e della sua pelle. E il VIOLA era il colore del fiore che aveva spazzato il volo delle farfalle. E il ROSA aveva il nome e il profumo dei cinque petali dei fiori selvatici che crescono in cespugli. ARANCIO era il ciuffo che dalla sua testa scendeva tra le pagine dell'Alibro.
A Lily girava la testa, ma aveva gli occhi pieni di colori.
Gli occhi di Lily si riaprirono quando l'Alibro e il dono della Luna esaurirono il loro frullare di pagine. E Lily si sentì un po' triste. Adesso pensava di essere nata in un mondo sbagliato. Negli occhi di Lily salì qualche lacrima e i ragni le si avvicinarono scrutandola, credendo che fosse tornato il momento di regalarle qualche carezza.
Ma Lily era viva. E questo, per noi, è molto importante.

Facciamo sognare ancora l'immaginazione di Lily. Lily vive per questo e di questo. E c'è già una nuova storia per Lily... sento l'Alibro frusciare...

Tuesday, September 19, 2006

Il tramonto di Lily

Forse il cielo era rosso sopra il cielo d'asfalto. Ma non Lily.
Lily era trasparente. I suoi occhi erano sempre più grandi, nella richiesta di aiuto. L'Alibro era fermo come certi antichi volumi, le cui pagine cominciano ad attaccarsi. Oh... sì... la sua fantasia avrebbe potuto volare ancora. Ma Lily temeva che se avesse chiuso gli occhi non li avrebbe riaperti mai più. E non riusciva a sognare. Era più fragile di una farfallina, eppure immobile come i sassi del suo prato. Appoggiata come i sassi sul terreno. Distesa sotto il cielo d'asfalto, sotto un mondo che non trovava tempo per lei. I ragni le dispensavano ancora una volta carezze che non sentiva. Il cielo era sempre più pieno del suo sangue. E Lily sentiva solo che le sue forze se ne stavano andando. Forse se la Luna fosse arrivata presto in cielo avrabbe fatto in tempo a raccontarle una una storia. Che l'avrebbe salvata. Ma ancora non era tempo che la luna spuntasse. E quel cielo sempre più rosso sembrava annegarla nel suo stesso sangue. Le stelle dei suoi occhi non avevano più luce di una candela nella nebbia. E la nebbia le avvolgeva già il cuore, mentre Lily non smetteva di sperare che una voce sarebbe arrivata per sussurrarle qualche parola.

E voi, avete ancora parole per Lily?

Sunday, September 17, 2006

Il mondo delle 'A' maiuscole


Lily pensò che con A inizia la parola " Amore" . Ma cos'è L'Amore? Quando e perchè si scrive con la lettera maiuscola. C'è un'Amore che comincia con la lettera minuscola?
«Lily... piccola Lily... dove potrà mai portarti l'Alibro con queste idee in testa?»
Questo sembrava sussurrare la Luna mentre stava uscendo dal letto disfatto dalla notte. L'alba stava aprendo la porta del cielo al Sole.
Lily volava, nella prima luce del suo terzo giorno. Si alzò dal prato ad occhi aperti, ma sapeva che per immaginare il Mondo delle A avrebbe dovuto chiuderli di lì a poco. Le palpebre calarono sulle stelle dei suoi occhi un istante dopo il primo tuono, che passò come un furgone sul cielo d'asfalto.
Il Mondo delle A era un mondo ordinato. Un ordine alfabetico. Prima di Amore Lily lesse Amicizia. E entrò in un vortice sonoro di voci amiche. Le voci avevano un calore, come quello del pane appena uscito dal forno, quando te lo porti a casa nel fagotto, tenendolo stretto sotto il braccio o vicino al petto. Perché ti senti meglio così che a lasciarlo raffreddare nella busta di plastica della spesa. Perché tenerlo vicino fa bene. E le voci avevano tanto da dirsi. Le voci ridevano e si sussurravano confidenze. Le voci amiche avevano il potere magico di allargare sorrisi e di ritardare le lacrime. Le voci amiche erano presenti, ogni volta che se ne sentiva il bisogno. Nelle voci c'era la sicurezza che non si sarebbero mai perse, neppure se per anni non si fossero mai incontrate. Lily non sarebbe mai uscita da quel vortice perché credeva che se ci fosse rimasta avrebbe trovato prima o poi una voce amica che aspettava proprio la sua. Ma Lily era arrivata lì per cercare l'Amore. E l'Alibro la portò oltre. Lily era emozionata, perché si sentiva vicina alla scoperta. Teneva le palpebre strette, arricciando anche un po' il naso nello sforzo, per la paura che la visione di quel mondo scomparisse. Non avrebbe voluto trovarsi sul prato proprio adesso. Ma. Dopo Amicizia lesse Anarchia. E si guardò incredula indietro, temendo di aver volato troppo oltre e di essersi persa qualcosa per strada. Invece l'Amore non c'era nel Mondo delle 'A' maiuscole. Lily l'aveva trovato e lasciato coperto dalla Delusione che era sbocciata come un fiore viola, schiacciando a terra le farfalle che l'avevano accompagnata a toccare il cielo e a mettere la testa fra le nuvole.
L'amore era quello con la 'a' minuscola. Soltanto quello.
L'Anarchia chiamò Lily. Lily sentiva di dover fare molta attenzione. Perché l'Anarchia aveva due voci. Una era una cacofonia incomprensibile. L'altra era limpidissima, la voce di un ideale che credeva nell'Umanità, nella volontà di ognuno, nelle capacità di tutti, nel rispetto della pura libertà di ciascuno. Lily si sentì forte e libera della propria vita, non padrona. Lily si sentì un gabbiano sul mare. Un gabbiano che non pesca pesci. Si sentì un'aquila che aveva rinunciato ad essere un rapace. Sentì che avrebbe potuto nutrirsi della sola libertà.
Poi aprì gli occhi perché il Mondo delle 'A' maiuscole fece silenzio.
Scesa di nuovo sul prato, Lily si tolse le scarpe e i calzini, l'erba era bianca esattamente come la sua pelle. Tutto era buio sotto il cielo d'asfalto. Ma i tuoni che ruggivano senza riprendere fiato dicevano che sopra il cielo di Lily era ormai alto il sole del terzo giorno.

Lily volerà di nuovo al tramonto... se ci sarà una storia che muoverà le pagine dell'Alibro, chissà se nel tramonto troverà ancora la Guerra... So che Lily non vorrebbe più immaginarla, guidatela altrove... voi che potete farlo.

Una storia della buonanotte


Margherita era una bambina così dispettosa, che spesso la sua mamma era costretta a chiuderla in una stanza per evitare che facesse danni. Probabilmente, il giorno che era nata, avevano sbagliato a metterle il nome, perché lei non assomigliava assolutamente ai bianchi petali del fiore. Forse la dovevano chiamare Rosa Spina, che avrebbe reso l’idea del suo caratteraccio antipatico e spigoloso. La mamma si arrabbiava spesso con lei, che era così strana… così diversa da tutte le altre belle e dolci bambine della sua età. La mamma si arrabbiava, ma non sapeva che Margherita era solo molto triste, e che non era mai riuscita a dire a nessuno che non sapeva né leggere, né vedere i colori. Per lei il mondo era tutto una sfumatura dal bianco al grigio, e le parole, quelle splendide “cose” che sentiva suonare dalle labbra, diventano sul foglio di carta solo tanti scarabocchi indistinti. Margherita non sapeva cosa fosse il blu del mare, il giallo dei limoni, il bianco dei petali del suo nome, o il carminio delle rose. Ma era talmente orgogliosa che non divideva il suo segreto con nessuno. Il suo mondo diventava ogni giorno più grigio, finché rinchiudersi nella sua stanza iniziò a farle piacere. Grigio nel grigio… lì le sue fantasie prendevano forma, al punto che un giorno un vecchio libro di fiabe, forse mosso a compassione, si mise a parlare con lei. I personaggi uscirono uno ad uno dalle pagine: La bella Addormentata, Biancaneve, Cenerentola, Alice… E ognuna di loro aveva una storia da raccontarle. Aurora le parlò a lungo delle sue amiche fatine. Biancaneve dei suoi amici del bosco. Cenerentola la fece ridere di gusto quando le narrò che era caduta dalla zucca. E Alice, quella svampita, descrisse lo stregatto tanto bene che per la prima volta Margherita immaginò i colori. Forse si addormentò, sopraffatta dalla sorpresa e dal fiume di parole che l’avevano investita, perché quando, qualche tempo dopo, sentì la porta che si apriva stava ancora semisdraiata sulla vecchia poltrona con il libro delle fiabe aperto sul volto. Non mi dire che ti sei messa a leggere…non lo fai mai!” La voce della mamma era un misto tra stupore e speranza. Che Margherita avesse infine deciso di diventare una brava bambina come tutte le altre? Margherita non rispose, allontanò il libro e gli diede un occhiata veloce. Che delusione… le parole erano ancora illeggibili. Era stato solo un bel sogno. Fece per gettarlo con rabbia quando sentì delle vocine, lontane lontane che continuavano a ripetere: “ Non chiudermi…non chiudermi…” Margherita pensò di essere impazzita: i libri mica parlano. Eppure quello parlava… e parlava… e continuava a raccontarle favole e storie, mentre un piccolo stregatto tutto colorato appariva e scompariva a fondo pagina… “Ci sto provando mamma” rispose allora. Mentre lo scarabocchio che era stato il titolo della prima fiaba iniziava a trasformarsi nella prima “A” che Margherita avesse mai visto.

Questo Lily aveva udito nella pace del silenzio della notte. E si era sentita meno sola, come se la notte fosse davvero sua nonna e la luna fosse davvero sua madre. Come se la voce che aveva ascoltato raccontare la storia le volesse bene.
Come se Margherita le fosse vicina, sotto il cielo d'asfalto.
E un tatuggio indelebile affiorò sulla sua mano sinistra. Una A azzurra. Che di giorno sarebbe scomparsa. Ma che ogni notte le avrebbe fatto compagnia, richiamando la voce nei suoi pensieri. E forse non solo.
Lily quella notte dormì sospesa sul prato, mentre l'Alibro si sfogliava con energia instancabile. Solo dolci sogni per Lily, quella notte.

Ma i sogni di Lily non finiscono qui. Dopo i sogni ci sarà il risveglio. L'immaginazione potrà di nuovo alzarla in volo in un altro giorno della sua vita. Ma perché il volo di Lily esista, dovranno esserci ancora parole per lei. E voi siete gli unici che potete far muovere ancora le pagine dell'Alibro. Voi. E non io...




Saturday, September 16, 2006

Nella pace della notte


Lily pensò allora che la Pace era una calda coperta che andava stesa sui cuori infreddoliti degli uomini.
E volò in alto, perché ne vide una al limitar del cielo.
Era fatta di piccole fiamme che col tempo stavano perdendo la loro luce.
L'Alibro si aprì e le pagine si misero a girare velocemente.
Lily voleva sapere qual'era il destino delle Stelle.

Sentiva che era legato

da un filo dorato
al cielo d'asfalto
che ricopriva il prato.

Lily prese tra le mani il filo che saliva dal prato verso il cielo, facendolo scorrere mentre l'Alibro la trasportava sempre più in alto. Arrivata a pochi metri dalla coperta si accorse che le fiamme non stavano perdendo luce. La luce si filava in una matassa dorata che scendeva nel prato. E questo era il filo a cui Lily si aggrappava. Ed era luce quello che sembrava oro, ed era oro la luce. Il destino delle Stelle non era forse questo? Ricamare d'oro il velluto nero della notte. Perché la pace della notte è preziosa. E le stelle ne sono le auree gemme. Lily chiuse gli occhi perché la pace aveva anche un altro suono, non era soltanto il silenzio della notte. Lily si trovò a volare lungo la striscia di un arcobaleno. L'aria era leggera più dell'aria. Il cielo era sereno di serenità. Si respirava qualcosa tra l'ossigeno che non era ossigeno ed era ossigeno. Era la fiducia in uno stesso sangue, pulsato da un unico grande cuore. Era bello sapere che da qualche parte c'era. Lily danzava la vita e la felicità. Era bello sapere che la Pace si poteva trovare, da qualche parte. Quando riaprì gli occhi, tornando verso il prato, anche i suoi occhi avevano la luce dell'oro. E il ciuffo sembrava un arcobaleno ondeggiante. Un vessillo che indicava dov'era la Pace. Alzando gli occhi al cielo d'asfalto per un momento le parve di vederlo colorato d'azzurro. Lily sognava ad occhi aperti per la prima volta. Perché la pace dentro di lei era tale da renderla capace dell'impossibile.

Lily aspetta le fiabe, per arrivare serena alla fine della notte... qualcuno può raccontargliene una? Lily non è ancora stanca di volare... e voi fatela volare...



Friday, September 15, 2006

La guerra di Lily


Lily guardò meglio attorno a sé e vide che luce e tenebre si fronteggiavano, come sempre. Come due eserciti sul campo di battaglia. Dai continui scontri dei due eserciti usciva fuori il mondo reale, ora luminoso, ora tenebroso, a seconda di quale dei due eserciti prevaleva. Lily si ritrovò a volare tra Luce e Ombra, le Signore che scrivevano la Storia dell'Umanità sull'Alibro.
Questi erano i pensieri della Luna che stava per tornare. Intanto la precedeva il Tramonto. E il cielo era di fuoco, l'elemento della Guerra. Il Sole spargeva il suo sangue nel cielo. Presto il giorno avrebbe trovato la fine, trafitto dagli ultimi raggi. E la luce si sarebbe spenta in ferite mortali. Un sacrificio necessario per il ritorno della Luna.
Lily chiuse gli occhi, mentre l'Alibro girava le pagine più veloce del passo di chi sta tornando verso casa, più veloce dei lampi di fari sul cielo d'asfalto.
Lily volava nella sera che stava calando. Sentiva l'odore della stanchezza. Cos'era la Guerra? E cos'era la stanchezza? Lily poteva solo immaginarlo.
E si chiese ancora: «Chissà se ha senso immaginare anche la stanchezza della Guerra?»
Poi Lily si trovò in mezzo a quello che sembrava un terrificante temporale. Un temporale assassino, dove le urla delle vittime squarciavano l'aria all'unisono con i tuoni. Dove l'odore della disperazione non si distingueva dall'odore del sangue. Lily respirava la polvere delle macerie e delle ossa. Ma Lily non avrebbe mai voluto immaginare un temporale. Quindi quella era la Guerra. Lily avrebbe voluto che il suo ciuffo sventolasse come una bandiera bianca, ma non riusciva ad alzarlo. Avrebbe voluto aprire gli occhi, ma non riusciva ad aprirli. L'Odio era una colla che attaccava l'aria. Si poteva solo riempirsene i polmoni. Non aveva valore il libero arbitrio. La storia della Guerra si scriveva da sola.
E l'incubo della Guerra sembrava infinito.
Poi il clamore fece silenzio. Un silenzio desolante. Un silenzio disumano. Era il silenzio della morte. E nel silenzio apparve la stanchezza. La polvere si abbassò coprendo ogni cosa che prima si agitava. La disperazione soffocò ogni voce. Le ferite che sgorgavano si seccarono in cicatrici. La stanchezza era morte, più della Morte. Anche le Signore che scrivevano la Storia deposero i loro pennini nei calamai, come spade nel fodero.
Anche l'Odio non si incollava sulla stanchezza.
E Lily riuscì ad aprire gli occhi.
Lily tremava e l'Alibro si chiuse. Le stelle dei suoi occhi brillavano come lucciole sul prato. Una carezza le passò veloce sulla testa. E non era un soffio di brezza. Era la Luna, che era appena arrivata nel cielo della notte, qualche metro più su del cielo d'asfalto.

Lily ha trovato una pace. Ma per trovare la Pace, dovrebbe volare ancora. E solo le vostre storie possono farla volare. Perché Lily vive di questo e per questo.
E allora raccontate ancora una storia per Lily...

Lily nel secondo giorno

«Dove l'asfalto che ricopre il suo prato è un paradiso, perché gli uomini stanno ancora sognando.
Negli angoli più nascosti delle menti, nei più reconditi anfratti dei cuori più chiusi, l'amore resiste. Quell'amore ormai bistrattato, reciso e schiacciato continua a volere il suo spazio, sempre più esiguo. Ma nonostante non sia spesso visibile, l'Amore sopravvive a tutto, anche ai tentativi continui degli uomini che non lo sanno più provare, dimostrare e ricambiare.»
Lily volava. Sì, volava! Era il mattino del suo secondo giorno e il sole non si vedeva, ma si poteva immaginare ancora appena tiepido e spuntato in cielo da neppure sessanta minuti. Lily volava ad occhi chiusi sull'orizzonte dei sogni e leggeva sulle nubi, cariche di speranze, proprio queste parole.
Lily non sapeva cos'era l'amore. Era forse la luce della luna che, ostinata, ti si posa sulla testa, mentre il colore del mondo è alterato dall'illuminazione artificiale dei lampioni stradali. Un mondo diffusamente arancio, senza sfumature, senza variabilità. Un mondo che si dilegua nella piatta alienazione. Lily cercava d'immaginare l'amore e sentiva volare le farfalle nella pancia. E le farfalle l'alzavano più di quanto poteva fare l'Alibro da solo. I piedi erano sempre più lontano da terra. La testa toccava le nuvole, che ad occhi chiusi poteva immaginare. Il ciuffo rosso le bucava, scomparendo. Lily ebbe la sensazione di poter appoggiare la testa sulla spalla del cielo, senza doversi più preoccupare di niente. Non era il cielo a proteggerla, era l'amore. Era dunque questo l'amore? Era un sogno da cui non ci si sarebbe voluti mai svegliare. Era la sensazione di non essere più soli nel mondo. Era una forza vitale che si univa e sembrava poter cambiare la storia del mondo. Se era un sogno era un'illusione. Se era un'illusione poteva dissoversi.
Un fiore viola sbocciò all'improvviso e a tradimento, con i suoi petali, schiacciò a terra tutte le farfalle. Lily aprì gli occhi. E si trovò seduta sul suo prato, nonostante che l'alibro stesse svoltando ancora le sue pagine. Il fiore viola profumava di Delusione, e questo era anche il suo nome. Lily chiuse gli occhi ancora una volta, appena in tempo per vedere le farfalle che risalivano nel cielo. E scomparivano tra le nuvole.
L'amore poteva tornare, si era soltanto allontanato. Lassù da qualche parte.
Lily si promise che avrebbe riprovato ad immaginarlo.
Intanto i tuoni del cielo d'asfalto non le permettevano neppure di ascoltare il proprio respiro. Tutto quel correre sopra di lei non era la vita del mondo. Perché della vita si ascolta il respiro, non il rumore della corsa.
Il rumore degli eserciti è quasi un silenzio. La voce è il respiro dei disertori.
Questo Lily non poteva ancora immaginarlo. Ma Lily poteva volare. In un'inconsapevole libertà.
Soltanto la libertà è un paradiso eterno. Tutto il resto cela sempre una strada che riporta all'inferno.

Raccontate a Lily una storia, per amore della libertà. Lily vive per questo e di questo. Soltanto così Lily può volare.

Thursday, September 14, 2006

L'alba del secondo giorno


Lily si nutre dei sogni degli esseri umani e vola sul vento dei loro desideri. Ma in questo momento gli uomini non stanno sognando ma stanno parlando, e parlano, parlano...di democrazia, di libertà, di fraternità. Ma Lily non si muove, resta lì schiacciata da questo gran parlare che le pesa sulla testa, neanche il ciuffo rosso riesce a restar teso. E l'Alibro? chissà per quanto tempo ancora resterà chiuso...
Questi erano i pensieri della Luna. La Luna era venuta a sapere da un grillotalpa che sotto il viale e sotto-sotto il cielo d'asfalto la piccola Lily giaceva immobile e sempre più trasparente. Nell'immobilità. Delle membra. E dell'Alibro.
Ma la luna forse si preoccupava troppo. Perché proprio mentre la luna si stava dissolvendo nel cielo e l'alba chiamava il sole del mattino per alzarlo nel cielo, quello che era stato immobile per tutta la notte ebbe un lieve fremito. Le parole erano arrivate. E una pagina del libro girò. E il ciuffo rosso di Lily si alzò e ricadde come la coda di un gatto impaziente. E i piedi si sgranchirono. Poi le gambe e le braccia. E Lily riprese il suo consistente pallore, lasciando la trasparenza alla luna. Era arrivata l'alba insieme alle parole. I ragni batterono le zampe l'uno con l'altro, secondo l'usanza dei ragni americani. Lily sentì asciugarsi le lacrime, mentre il cielo d'asfalto tuonava sempre più spesso, come se i tuoni fossero portati dalle auto dei fornai. E l'ombra non era più il buio e il silenzio. Lily sentiva la voce di infiniti desideri. E i sogni della notte, che ricadendo con l'arrivo dell'aba trasudavano dal terreno, furono la sua colazione. Lily spalmò un po' di Libertà su una fetta di Democrazia e tuffò tutto in una tazza di Fraternità. E si sentì subito molto meglio. Non era forse questo uno dei rimedi della nonna? E chi era sua nonna se non la notte che era appena passata? Stava sorgendo il secondo giorno di Lily e nel suo cuore c'era quasi la certezza che l'Alibro l'avrebbe di nuovo alzata in volo.

Non sono una maga, non ho premonizioni. So che è arrivato un nuovo commento...

La malattia di Lily

Era la notte del primo giorno di Lily. Quella notte che sarebbe finita nell'alba del secondo giorno. Allo scoccare della mezzanotte il libro sulle spalle di Lily fermò le sue pagine. E Lily piombò sul prato, sotto il silenzio del cielo d'asfalto. Raramente il suono di un fruscio le passava sopra la testa. Come una breve folata di vento, una momentanea corrente d'aria. Come di un'auto superstite del giorno che aveva fretta di chiudersi la porta alle spalle e di chiudere gli occhi, spengendo i fari. Lily era sempre più rigida, la paralisi percorreva il suo corpo partendo dai piedi. Poi le gambe e le braccia. La bocca era tesa in un sorriso di gesso. Soltanto gli occhi si muovevano; le pupille di Lily annaspavano per non affondare nella marea di lacrime che cresceva, coprendo le stelle che illuminavano il suo sguardo. Era quella la malattia di Lily. Lily non poteva sopravvivere senza le parole. E quel giorno nessuno le aveva raccontato una storia. I ragni del sottosuolo dispensavano innumerevoli carezze sul suo volto, che stava assumendo la trasparenza di certi organismi sotterranei. Ma Lily non sentiva più le carezze. L'unico senso che ancora sfuggiva al silenzio delle percezioni era l'udito. Ascoltare le parole di una storia, soltanto questo, l'avrebbe salvata.

E voi, avete dunque ancora parole per Lily?
Le parole sono importanti. Non sprecatele in discorsi da supermercato, che si concludono nel tempo utile per non scongelare i surgelati.
Parlate con Lily. Lily vi ascolta. Perché vive di questo e per questo.
Soltanto le storie alzano il suo volo.

Tuesday, September 12, 2006

Il primo giorno di Lily


«Dicono di lei che è strana perché dice sempre quel che pensa,
dicono di lei che è pigra perché quel che fa non lo vede nessuno,
dicono che è insignificante perchè non ama gli effetti speciali,
dicono che si trascura perché non ama indossare maschere,
dicono di lei, dicono quel che in fondo non pensano.» Questa era la nenia che Lily cantava appena sveglia, nel primo giorno della sua vita. Perché Lily, appena nata, sapeva già parlare. E cantare. Stonando un po'. E sì che le dispiaceva di stonare, ma le parole di quel canto erano più forti e si concedeva qualche stecca. Quelle parole sapevano di sole e di mare. E Lily non sapeva cos'era il sole. E non sapeva cos'era il mare. Ma poteva immaginarlo perché quelle parole ne avevano il profumo. Il prato di Lily stava sotto un cielo d'asfalto. E Lily credeva che l'asfalto fosse il cielo. E il cielo sopra di lei tuonava. E i tuoni passavano veloci come auto su un viale, mentre in un mattina di quasi autunno tutti correvano dove credevano di dover andare. Là sotto Lily era sollevata dal suolo. Le pagine del suo libro si agitavano come ali perché c'era una nuova storia da raccontare. Il suo ciuffo rosso toccava quasi il cielo plumbeo. Così, fra tuoni e grigio sulla testa, sembrava quasi che dovesse scrosciare un temporale. Ma là sotto Lily non si sarebbe mai bagnata per un temporale. E neppure voleva immaginarlo. Lily volava ad occhi chiusi. Il profumo delle parole la portarono su una distesa azzurra che si muoveva appena sotto i suoi piedi, abbracciata da una luce calda che sembrava essere la madre che credeva di non avere. Mare e sole, non erano che questo, dunque. E questo non era poco. Lily provò a scendere solo di un po', agitando e spingendo i piedi verso il basso. La distesa azzurra era gelida e Lily aprì gli occhi, perdendo ogni traccia del sogno. Lei era una creatura d'aria. L'acqua, che era il mare, non era proprio il suo elemento. Era come aver trovato un temporale sotto i piedi. E anche quell'abbraccio caldo, che era sempre più caldo, alla fine le scottava la pelle candida come il colore delle foglie che crescono al buio. Lily si ritrovò ad occhi aperti, nella pace del suo cielo d'asfalto. Nella protezione termica dell'ombra. Si poteva sognare anche così. E anche meglio. Sua madre, se ci fosse stata, sarebbe stata una luna e non un sole. Ma questo non le dava un volto. Perché là sotto non c'era madre e non c'era luna. C'era soltanto Lily. E c'era la sua immaginazione. E c'erano le pagine che ancora dovevano sfogliarsi per alzare Lily in volo.

Se voi direte ancora cosa pensate di Lily... lei vivrà un altro giorno, perché sono le vostre parole che muovono le pagine del libro. Lily vive per questo e di questo.

Lily Peacock


Lily Peacock è nata due notti fa. Barbie aveva Skipper come sorellina. Lily è la sorellina di Briggy. Come tutti i piccoli pennuti, deve ancora mettere le penne di pavone sulla testa. Le penne spunteranno non appena cadrà l'ultimo ciuffo rosso, che Lily usa come segnalibro. Le sua ali sono le pagine di una storia, il titolo del libro che porta attaccato sulla schiena è ancora quello del suo giorno di nascita. Perché è appena nata. Ma il titolo cambierà, perché Lily vive. Lily vive nell'ombra dei prati che ingialliscono d'autunno. Attenti a non calpestarla. Ci sono prati coperti d'asfalto in ogni città che prima era campagna. Ci sono prati che sembrano grigi perché coperti d'asfalto. Ma sotto l'asfalto la memoria dei prati resta ancora. Ed è lì che Lily vive. E' una creatura costretta alla metropoli. Ma ha molta immaginazione. E vive per questo e di questo.

Mia madre appena l'ha vista ha detto di lei:
«Bruttina, ma simpatica.»

E voi cosa ne dite? Usate lo spazio dei commenti come fosse un taccuino che sulla prima pagina porta la scritta: DICONO DI LEI...

Le vostre parole cambieranno il titolo del libro. Lily non è tipo da tenere i piedi per terra. Perché le storie la fanno volare.
Raccontate, dunque... stavolta le parole protagoniste di questo blog saranno le vostre.

Briggy Peacock

Briggy si svegliò tra lenzuola bianche almeno quanto la sua pelle. Aprì gli occhi su un soffitto che non le era familiare, circondata dall’aurea artificialmente luminosa di una piccola lampada che stava sul comodino accanto al letto. La stanza era quasi completamente al buio e Briggy Peacock intuì che le lenzuola erano bianche soltanto dopo una buona mezz’ora che aveva visto il soffitto. Non era riuscita a muovere gli occhi dai lembi delle bende che scorgeva contornarle la testa. Curiosità insistente e irrinunciabile. Speranza delusa di vedersi scendere le piume di pavone sulle spalle. Da subito, sparse in disordine sul cuscino.

Briggy Peacock circa sei mesi prima aveva preso la decisione di sottoporsi ad un esperimento di innesto genetico tra specie diverse rispondendo ad un annuncio della MBM -Masterpiece Body Modifications-. Rimase semplicemente affascinata dalle promesse. Rinunciando alla comprensione di ciascuna delle premesse che tutelavano in una casistica infinita soltanto la MBM.
Briggy non era mai stata niente di speciale e questa forse era l’unica cosa di cui era stata sempre consapevole. Una fanciulla pallida e trasparente in qualsiasi situazione. Anche a scuola gli insegnanti saltavano sempre il suo nome durante l'appello. Briggy aveva la sola speranza di acquistare visibilità, non era vanità. Avrebbe voluto che la gente si accorgesse del suo sorriso, per strada quando la folla corre e scorre come una stella filante nella metropoli, annodandosi sugli incroci, consumandosi nell’attesa del verde dei semafori, per poi ripartire spinta dal soffio violento della fretta.

Quando la luce entrata dalla finestra rese inutile quella ancora accesa sul comodino, spuntò la faccia di un’infermiera sullo sfondo del soffitto. E l’infermiera disse: «Tutto a posto, signorina. L’innesto è riuscito perfettamente». Briggy Peacock sorrise a quella faccia. E quella faccia sorrise a lei. «Tutto a posto. L’innesto è riuscito perfettamente» ripeté Briggy con un sussurro bruciato dal troppo silenzio e dall’anestesia.
Il giorno in cui le tolsero le bende davanti allo specchio Briggy pianse di commozione. Adesso chiamarsi Peacock acquistava di preziosità. Passò la prima giornata passeggiando, facendo finta di non vedere la gente che si voltava a guardarla, facendo finta di essere da sempre così. Anzi, di essere appena nata. E quando scese la notte entrò in una pensioncina e prese una camera per il piacere di registrarsi fra gli ospiti. Scandendo bene P-E-A-C-O-C-K al momento della registrazione e gustandosi più del dovuto la faccia del ragazzo che stava dietro al bancone. Come una bambina che assapora il primo gelato.
Poi, con calma, accadde l’imprevisto. Entrata nella piccola camera si tolse le scarpe, restando a piedi nudi. Non si accorse subito dell’intonaco rigonfio sui muri, né della moquette scollata dal pavimento che si arricciva negli angoli della stanza. Briggy era assurdamente felice, in piedi davanti allo specchio fissato all’anta dell’armadio. Le sue dita passavano delicatamente tra le piume di pavone. La sua immagine le sorrideva. Non si può dire quanto tempo Briggy restò così.
Poi, sentì qualcosa che le saliva sul metatarso. Abbassando gli occhi vide una blatta grassa e nera. E alzandoli di nuovo sullo specchio, vide la sua prima ruota. Era incoronata dalle sue piume. Non le uscì alcun grido, spalancò la bocca in urlo muto. Edward Munch non avrebbe saputo dipingerla meglio.

La mattina dopo tornò alla MBM dove nessuno sembrava ricordarsi di lei, nonostante le piume. Tornata per strada prese una direzione qualsiasi. Cercando consolazione in se stessa, sentendo gli sguardi del giorno prima su un’altra frequenza. Il giorno prima non aveva compreso che era sospetto quello che gli occhi della gente le calavano addosso. E la gente sembrava non sorriderle più. La gente ghignava.
Non era se stessa che quel giorno avrebbe dovuto provare a cambiare. Da cambiare era il mondo. Ma l’aveva capito troppo tardi. Questa era una missione che avrebbe voluto tentare, ma non avrebbe mai saputo tentare da sola. «Si tratta soltanto di trovare la compagnia giusta» disse a se stessa dopo un po’ che ci pensava. E senza preoccuparsi troppo del tempo che le sarebbe stato necessario, si mise a cercarla.

Briggy è un'amica immaginaria, ma le sue parole suonano nella mia testa come se non fossero immaginazione.
Riesco a sentirla anche quando cammino per strada con le cuffie agli orecchi.
La sento molto più spesso della gente di questo stesso mio paese.
Che parla da mesi senza dire niente.