Un pallone bianco

Forse non c'era niente, lì dove sembrava che ci fosse qualcosa che si muoveva. Forse c'era solo un'ombra ingigantita dalla luce della luna; già, colpa della luna, che era così grande in cielo da sembrare un pallone bianco sospeso nell'infinito, solleticata dalle punte dei cipressi soltanto per un gioco della prospettiva. Forse c'era un bambino sperduto, che neppure Peter Pan aveva ritrovato. O forse era una musica che non trovava il suo tempo. Era una danza paralizzata su un palco troppo piccolo. Era l'aria tra le foglie di un albero reciso prima che potesse toccare il cielo. Fatto sta, che non sapendo cos'era, che storia aveva e avrebbe avuto, forse sarebbe stato meglio guardare alle proprie spalle e dire che lì davanti non c'era niente. O forse, avanzando di qualche passo, si sarebbe potuto anche prendere per mano quel bambino e danzare per tutto il mondo, seguendo quella musica che scioglie le sue note come se non ci fosse altra musica possibile. Eliminare il dubbio dell'esistenza aprendo gli occhi, smettendo di negare e negarsi la vita. Perché si vive una volta sola e il tempo passa non solo ovviamente, ma intimamente dentro di te. E non è vero che si cambia, si resta gli stessi, dandosi altre occasioni di vita. Basta avvicinarsi, allungare la mano e conoscere toccando come fanno i bambini e i ciechi. Un gesto delicato, che abbia l'unica cura di non ferire e di non ferirsi.
Lily calò al suolo, ancora legata al filo della storia che aveva appena letto sulla tela del Ragno. I suoi pensieri ancora sbrezzavano nel vuoto, ma parevano aver trovato una direzione soffiata dal vento. Come un pallone bianco che in cielo si muove non per caso. Come un pallone bianco che forse è la luna. Un pallone bianco che spicca luminoso nella notte, di cui proprio non si può negare l'esistenza.